Domanda:
Zone e luoghi interessanti vicino trapani(1 ora di viaggio max)?
2007-07-07 03:33:18 UTC
Nota il viaggio durerà dal 19 al 26 probabilmente e vorrei sapere tutti i luoghi interessanti , anke locali o attivita di partikolare rilievo. insomma tutte le kose ke possono rendere la vacanza indimentikabile!!! GRAZIE IN ANTICIPO x L AIUTO A TUTTi
Undici risposte:
2007-07-10 12:29:42 UTC
Se vuoi vedere qualcosa di particolare c'è la grotta di Scurati.

Ci hanno girato anche un'episodio del comissario Montalbano.
sniff3r
2007-07-08 08:19:01 UTC
Tutti si sono dimenticati di Selinunte ,e soprattutto della mia città splendita e piena di vita...non te ne pentirai ti faremo sentire subito a casa tua...come detto dagli altri dopo posso dirti di visitare Erice(citta della scienza) Alcamo (citta del vino ^_^) Castellammare del golfo , San Vito lo capo vicino alla riserva naturale dello zingaro e vicino a scopello... e se ancora non ti basta puoi andare sulle isole Egadi (favignana levanzo marettimo) e anche se vado contro i miei interessi perche sono di Trapani città pero ti consigliodi visitare Palermo perche è molto bella e a solo 1h di macchina .Se vai a marsala appena ritorni vers trapani di notte vi consiglio di fermarvi a Dara a mangiare la tavola calda fatta sul momento non te ne pentirai te lo posso assicurare quando i miei amici di pisa scendono da me a trapani e li porto li a mangiare di notte tipo le 2 non se ne vogliono piu andare !!! Insomma se la vuoi vedere tutta e bene la mia terra e città una settimana non ti basta ma sono sicuro che dopo che te ne andrai ci lascerai un pezzettino di cuore col desiderio di ritornarci prima o poi.Inoltre se sali ad erice dalla strada secondario vai al monastero di Sant'Anna c'e una vista eccezionale... e soprattutto assaggia il cous cous di pesce .Buone vacanze!!!! ^_^
LorePusa
2007-07-08 01:03:49 UTC
ciao stai parlando della mia città e io non posso farti altro che da cicerone almeno spero!per prima cosa se devi andare in località di mare ti consiglio di andare a Trapani città c'è un mare bellissimo,San vito lo capo dista circa 40kms da TP e ci vuolecirca 1ora x arrivare , isole egadi soprattutto favignana è stupenda devi andare a cala rossa e a lido burrone poi anche marettimo ma questa isola ti conviene girartela in barca le affittano a posta x fare i giri

per quanto riguarda località di storia e di cultura devi assolutamente vedere:erice che dista una decina di kms da trapani e ci puoi salire con la funivia ci mette 7-8 minuti x salire e li puoi vedere il castello di venere e soprattutto il bellissimo centro di scienza e cultura centro Ettore Maiorana uno dei più importanti al mondo presieduto dal professore Antonino Zichichi,poi ti consiglio di vedere le isole dello Stagnone :distano circa 20kms da trapani .per andarci devi prendere la via del sale ovvero quella delle saline ettore e infersa e a metà strada tra trapani e marsala trovi lo sbocco per andare nell'isola di mozia ci puoi andare con il battello credo che il prezzo si aggiri intorno le 10€ li puoi vedere i resti della cultura bizantina e la necropoli e poi anche altre belle cose,poi altro iter per segesta in cui c'è il teatro greco che dista circa 30kms da trapani ,deviandarci dall'autostrada A29 trapani-palermo uscita calatafimi .altro posto bello però non so se ti viene troppo lontano è selinunte circa 50 kms da trapani e puoi vedere i templi ed è un posto pieno di giovani e di divertimento!sxo di esserti stata utileun bacione e divertiti ciao!!
2016-12-16 19:08:52 UTC
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Pechino è una città millenaria ricca di storia e di cultura; come tale, presenta tutta una serie di grandi opere architettoniche che testimoniano la sua grandezza sin dall’età imperiale fino ai giorni nostri.

Il centro della città è costituito dalla famosissima Città Proibita, il più grande complesso di edifici imperiali del mondo. Quest’area racchiude un’infinità di tesori dell’arte cinese, gran parte dei quali sono in esposizione presso il Museo del Palazzo presente all’interno.

Di fronte alla Città Proibita si estende la smisurata Piazza Tienanmen, la più grande piazza pubblica del mondo, famosa anche per le proteste studentesche del 1989.

Nelle vicinanze è presente il magnifico Parco Beihai, un parco millenario che nel corso dei secoli si è arricchito di edifici particolarmente pregevoli e di grande interesse turistico.

Davanti a queste opere colossali, spesso ci si può sentire un po’ disorientati, soprattutto perché si trovano immerse in un’area metropolitana dove convivono milioni di persone. In ogni caso, la bellezza di questi luoghi è indiscutibile e rimane profondamente impressa nei ricordi dei turisti che hanno avuto l’imperdibile possibilità di vedere le magnifiche opere di importanza nazionale e mondiale che impreziosiscono Pechino come dei veri e propri gioielli: il Tempio del Paradiso; il Palazzo d'Estate; il Tempio della Luna, quello del Sole e quello della Terra; il Tempio Taoista della Nuvola Bianca.
?
2014-11-14 17:52:37 UTC
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Ich bin's Very-Heinz
2007-07-10 00:07:48 UTC
guarda su internet così ti fai un idea ciao
Titti
2007-07-07 06:32:28 UTC
San Vito lo Capo, Erice, Scopello e la Riserva dello Zingaro, Mozia, Segesta, Favignana, Marsala, le saline.



http://www.comune.trapani.it/turismo/dintorni.htm
2007-07-07 05:59:59 UTC
ti consiglierei di visitare gibellina nuova che è un paesino distrutto dal terremoto del belice e ricostruito nuovissimo con molte sculture d'arte contemporanea, inoltre marsala e le cantine florio, poi potresti visitare mazara del vallo chèe è esempio di convivenza e integrazione pacifica fra cristiani e musulmani, inoltre , nel paese di montevago che è in prov di agrigento , ma vicino alla valle del belice, ti consiglio di trascorrere una giornata di salute e relax alle terme acqua pia,sono a pagamento, ma ne vale davvero la pena...e poi, ovviamente visita erice e le egadi con favignana, magari i pescatori vi fanno assistere alla mattanza dei tonni che è un pò impressionante, ma suggestiva..e poi i ruderi greci di segesta e selinunte...tutto ciò lo trovi nella provincia di trapani..ciao!
2007-07-07 03:59:58 UTC
Vicino Trapani c'è la bellissima San Vito, con un mare e una spiaggia da favola, la riserva naturale dello zingaro, i faraglioni di scopello, dove ti consiglio di provare "Lu pani cunzatu" , se preferisci c'è anke Erice da vedere, e da provare x le famose "genovesi" (è un dolce con crema pasticciera). Se poi ti piace ballare latino americano nella spiaggia di castellamare del golfo ci sono diversi lidi con serate a partire dal giovedì. Buon divertimento.......e kissà....ci vedremo in giro....
2007-07-07 03:54:23 UTC
perke nn visiti siracusa?
2007-07-07 06:29:56 UTC
Dopo le distruzioni e le ricostruzioni connesse con l'ultima guerra, la città si è imbiancata di vaste saline, sotto un cielo disegnato dalle pale di antichi mulini, in un paesaggio di mare animato dall'arcipelago delle Egadi.

Note per la tradizionale mattanza (la pesca del tonno), le acque trapanesi godono del passaggio migratorio dei branchi di tonni che, in maggio, sono guidati attraverso le "camere" della tonnara fino a quella "della morte".

Trapani è l'antica Drépanum, un villaggio sicano il cui nome significa falce, dalla forma della stretta penisola che protende verso il mare.

Secondo una leggenda, Cerere, dea fecondatrice della terra, smarrì la falce in questi luoghi mentre girovagava dolorosamente alla ricerca della figlia Proserpina, rapita dal dio Plutone.

Di aspetto moderno, Trapani offre al visitatore un interessante nucleo antico e bellissimi bagli in provincia, divenuti talvolta sedi di aziende vinicole o agrituristiche; alcuni di questi bagli accolgono anche musei demo-antropologici

Fondata dai sicani in epoca preistorica, Trapani (antica Drepanun), fu importante centro cartaginese decaduto in epoca romana.

Messa a sacco dai Vandali nel V sec, passò sotto il dominio arabo nel IX sec.

Sono gli arabi a frazionare la proprietà e ad incrementare lo sviluppo delle attività agricole con il conseguente ripopolamento delle campagne.

Segni riconoscibili di questa dominazione si ritrovano nelle tradizioni gastronomiche, nei resti monumentali e nei riti.

Divenuta uno dei maggiori centri commerciali della Sicilia normanna, ottenne, in questo periodo, numerosi privilegi economici: l'attività della pesca è in costante ascesa e sulle coste si moltiplicano le tonnare.

Le sopravvivenze architettoniche del periodo medievale, ancora oggi visibili, testimoniano un rifiorire dell'arte.

Nel 1266 le galee veneziane di Jacopo Dandolo sconfissero, nelle acque trapanasi, una flotta genovese.

Due decenni dopo la città insorse contro gli angioini, e nel 1282 Pietro III d'Aragona iniziò da qui la conquista dell'Isola.

Passata sotto il dominio spagnolo nel 1535, Trapani fu visitata dall'imperatore Carlo V che ne rafforzò le fortificazioni facendo, tra l'altro, ostruire il porto di Marsala per agevolarla. Sotto la guida di Girolamo Fardella questa città si ribellò agli spagnoli nel 1672.

Nuovamente conquistata da questi ultimi nel 1735, partecipò alla guerra di Successione polacca. Insorse vittoriosamente contro i borboni nel 1848, inviando aiuti anche alla vicina Palermo.

Nel primo decennio del '900 Trapani si mobilitò contro la persecuzione politica di Giolitti, verso l'allora ministro della Pubblica Istruzione Nunzio Nasi.

Questa città fu sottoposta a due gravi bombardamenti durante la seconda guerra mondiale; dalle ricostruzioni si sono generati gli ampliamenti che oggi vediamo.



Particolare il caso di Trapani.

Sino alla seconda guerra mondiale la città aveva due Patroni.

Poi si decise solennemente di affidare il ruolo di Patrono a Sant'Alberto, che viene festeggiato ogni anno il 7 agosto.

Sant'Alberto degli Abati nacque a Trapani nel XIII sec. (Trapani, 1250-1257 - Messina, 7 agosto 1306).

Si distinse per la dedizione alla predicazione mendicante e per la fama dei miracoli. Negli anni 1280 e 1289 fu a Trapani, e più tardi a Messina. Nell'anno 1296 governò la Provincia carmelitana di Sicilia come Provinciale. Celebre il suo amore appassionato per la purezza e l'orazione. Morì a Messina probabilmente nel 1307.

Fu il primo santo ad avere culto nell'Ordine, e pertanto ne fu considerato patrono e protettore o "padre", titolo condiviso con l'altro santo del suo tempo, Angelo di Sicilia.

Nel sec. XVI fu stabilito che ogni chiesa carmelitana avesse un altare a lui dedicato. Furono anche molto devote di questo santo Teresa di Gesù e Maria Maddalena de' Pazzi.



Alla Madonna della Santissima Annunziata rimane il ruolo di Protettrice della città di Trapani.

Di Lei esiste un detto popolare che ne racconta il profondo rapporto di affetto tra la Madonna e la sua gente: Purtari nun si fa di autri genti. Secondo la tradizione popolare siciliana, infatti, la statua della Vergine "non si lascia portare da altre persone se non i marinai". Questo privilegio ha radici antiche e attesta che gli uomini di mare della città di Trapani riscoprono ogni anno, il 16 agosto, giorno dedicato alla Santa Protettrice, il significato originario della loro stessa attività. L'importanza dei festeggiamenti patronali si comprende se si conoscono le vicende leggendarie relative al trasporto della Madonna, invocata dai pescatori come protettrice.

Secondo una leggenda, riportata da G. Pitrè in Feste patronali, si narra che una nave pisana partita dall'isola di Cipro aveva sottratto ai saraceni la statua della Madonna venerata in quel luogo. Durante il viaggio i venti impetuosi costrinsero la nave ad ormeggiare nel porto di Trapani dove i marinai lasciarono la statua dentro una cassa, senza dichiararne il contenuto.

Da lì a pochi giorni tutti quelli che si appoggiavano alla cassa, dallo storpio al cieco, dal muto al sordo, venivano guariti dai propri mali.

Scoperto il contenuto di quella cassa, si decise di costruire una cappella ma il capitano della nave, intenzionato a riportare con sé la statua, decise di farla caricare su di un carro tirato da buoi in modo tale che se questi buoi avessero preso la strada verso la cappella, la Vergine sarebbe rimasta a Trapani, diversamente la nave avrebbe ripreso il mare per Pisa. Una volta che il carro fu lasciato andare, nessuno ebbe più dubbi. In ogni città cambia il modo di solennizzare le feste locali: la processione dedicata alla Madonna della Santissima Annunziata di Trapani è uno dei momenti più solenni nel contesto delle cerimonie religiose in Sicilia.





DA VEDERE



ALCAMO

Km 51 da Trapani, a m. 256, nell'entroterra del Golfo di Castellammare, alle pendici N del monte Bonifato, sup. 130,9 kmq., 43.231 abitanti, Alcamesi, Cap. 91011, tel. 0924. Economia: agricoltura (vite da vino, cereali, olive, ortaggi); industria enologica, cave di travertino.



Alcamo e il Castello dei Conti di Modica

Alle falde del Monte Bonifato, all'interno del tessuto urbano di Alcamo (TP), tra piazza Castello e piazza della Repubblica, è ubicato il Castello dei Conti di Modica fatto erigere secondo una leggenda nell'827 d.C. dal capitano saraceno Adelkam. In realtà il maniero venne costruito nel 1350 dai fratelli Enrico I e Federico III Chiaromonte, che lo avevano conquistato ai Peralta, signori di Alcamo. E' molto probabile che Federico III Chiaromonte abbia iniziato la costruzione del castello erigendo la torre di nord-ovest che infatti risulta autonoma per quanto rigurda l'impianto delle scale. Nonostante sia stato più volte rimaneggiato, esso rimane la più significativa testimonianza del periodo aureo vissuto da Alcamo sotto la dinastia dei Modica.

In questo periodo potenti famiglie locali come i Peralta, Chiaromonte, Ventimiglia e Cabrera Conti di Modica lottavano tra loro per il controllo della produzione del frumento e delle grandi vie commerciali. In posizione dominante rispetto all'impianto urbano e per la sua consistenza volumetrica il maniero rivestì per secoli una funzione difensiva. La possente struttura ha forma rettangolare con quattro torri ai vertici, due delle quali rettangolari e le altre due cilindriche, tutte con copertura a botte. Per tutto il '300 le torri a pianta quadrata erano state le più frequentemente realizzate, ma verso la fine del secolo si tornò invece, ad apprezzare i vantaggi di quelle cilindriche, ossia la maggiore resistenza al lancio di proiettili.

Nella torre quadrata più alta venivano rinchiusi e torturati i prigionieri, la seconda torre circolare mostra ancora oggi uno stemma con un'aquila incoronata e la testa di Federico II o di un Peralta, la terza quadrata ospitava i locali per le sentinelle e la quarta gli alloggi per i sovrani che si trovavano di passaggio: re Martino con la regina Maria nel 1392 dopo la sconfitta dei Chiaromonte, l'infante Eleonora d'Aragona e l'imperatore Carlo V con la sua corte al ritorno dall'impresa di Tunisi del 1535 solo per citarne alcuni. Alla custodia del castello erano addetti il castellano e altri dodici compagni vincolati da un solenne giuramento.

Nel 1685 la volta del piano superiore della torre maestra crollò causando la morte di numerosi prigionieri e trascinando con se le altre. Dopo un abbassamento di un terzo della sua altezza, negli anni ha subito numerose manomissioni e crolli causati da un cedimento delle fondamenta. Il maniero è circondato da robuste mura di cinta per evitare che il nemico durante un assedio potesse accostare alle pareti rocciose macchine da guerra ed espugnarlo facilmente.

L'edificio si sviluppa intorno ad un cortile di forma rettangolare, mentre ai lati nord, est e sud del perimetro sono addossati corpi con numerosi ambienti disposti su due livelli ed una cappella. Il castello aveva tre porte: la prima, detta segreta, a mezzogiorno dalla quale si accedeva al fossato, la seconda ad arco acuto sul fronte ovest con un portone ligneo in buono stato di conservazione. Essa fu allargata per permettere il passaggio dei carri. La terza porta dava sul piazzale a settentrione e conduceva alla scala principale che dopo il 1626 fu pavimentata in marmo rosso di Alcamo (anno di inaugurazione della cava).

Il prospetto occidentale che un tempo dava sulla cittadella è ornato di eleganti bifore incorniciate da ghiere intagliate. La costruzione della cittadella fu avviata intorno al 1379-80 da Guarniero Ventimiglia, con concessione di Federico IV, sul lato ovest del castello. Il centro era guarnito di due torri angolari rettangolari verso ovest, una delle quali, la torretta della Trinità si può ammirare in una stampa risalente al 1770 nella quale si distinguono i contorni delle mura che circondavano Alcamo. Dalla torretta le mura continuavano sino alla torre cilindrica di nord-ovest delimitando una piazza d'armi dove avveniva la rassegna della cavalleria e fanteria e venivano consumate le esecuzioni capitali.

Quando le mura furono abbattute, una serie di costruzioni private crebbero sulla piazza compreso il Teatro Comunale nel 1850, sostituito da un cinema nel 1961. I recenti lavori di restauro hanno agito sul ripristino delle merlature e di molte porte e finestre, occluse dai lavori di adattamento a carcere. Il Comune di Alcamo ha deciso che il palazzo sarà utilizzato come museo etnografico e per le realizzazione di mostre temporanee.



Un mini tour per la città

A circa 50 km da Trapani, Alcamo si specchia nel blu del mar Tirreno proprio di fronte al golfo di Castellammare, in mezzo ai colli tappezzati di vigneti che dai piedi del Monte Bonifato si estendono fino al mare. La città fu patria di Cielo D'Alcamo, noto esponente della scuola poetica siciliana, vissuto alla corte palermitana di Federico II nella prima metà del XIII sec. e autore dell'opera giullaresca 'Contrasto d'Amore', (meglio conosciuto come 'Rosa fresca aulentissima') che fu in assoluto la prima opera letteraria scritta in italiano volgare. Alcamo è un vero e proprio scrigno di tesori artistici. I più importanti, a parte il castello, sono la sontuosa Basilica di Maria Santissima Assunta (la Chiesa Madre), edificata nel 1332 ma modificata e ampliata nei secoli successivi. A pianta basilicale, a tre navate divise da due file di colonne di marmo rosso proveniente dal monte Bonifato, custodisce numerose opere di notevole valore storico ed artistico come gli affreschi della volta ed altri dipinti del fiammingo Guglielmo Borremans; il bellissimo crocifisso in mistura (composizione di sostanze resinose), l'alto rilievo 'Il transito della Vergine' e una custodia in marmo con i Santi Filippo e Giacomo entrambi di Antonello Gagini, la statua di San Pietro di Giacomo Gagini.

Splendida la Chiesa dei SS. Paolo e Bartolomeo, la più alta espressione del barocco alcamese, costruita nel 1689 e sfarzosamente decorata dagli stucchi di Vincenzo e Gabriele Messina e dagli affreschi di Antonino Lo Grano. Il prospetto è stato realizzato nel 1782 su disegno di Emanuele Cardona. La Chiesa ospita pregevoli opere d'arte tra cui la tela del trapanese Giuseppe Felice 'San Pietro e San Paolo' del 1701, la 'Madonna del Miele', databile tra la fine del '300 e l'inizio del '400, il più antico dipinto che si trova ad Alcamo, attribuita a Barnaba da Modena. La Chiesa dei SS. Cosma e Damiano fu fondata intorno al 1500 ma la sua struttura attuale, realizzata dall'architetto frà Giuseppe Mariani, è del 1721. L'interno, di stile barocco, è a navata unica esagonale. Di notevole pregio sono le statue in stucco eseguite nel 1722 dallo scultore palermitano Giacomo Serpotta, e due tele del fiammingo Guglielmo Borremans.

Ma la visita della città non può esaurirsi senza una escursione alla Riserva del Bosco d'Alcamo, sul Monte Bonifato dove si trovano i resti del trecentesco Castello dei Ventimiglia. Incorporata nella cinta muraria si trova la Chiesa della Madonna dell'Alto, costruita nel '600, e sotto il Castello i resti di un'ampia cisterna di epoca araba, localmente chiamata 'Funtanazza'.



Pillole di storia

Alcamo nacque durante il dominio arabo come Manzil Al Qamah, lungo la via commerciale che conduceva da Palermo a Mazara del Vallo, protetta dalle due fortezze di Bonifato e di Calatubo.

Nel XIV secolo, sotto la dominazione dei Ventimiglia, dopo il definitivo abbandono dell'abitato sul Bonifato, si sviluppò, attorno al castello protetto da una cinta muraria. Dal '400 al '700 nascono gli ordini religiosi intorno ai quali si formeranno, fuori delle mura, i nuovi quartieri. Alla fine del '600, con l'edificazione dell'imponente Chiesa del Gesù, il Piano Maggiore, che unisce la città nuova a quella vecchia, diventa il fulcro del barocco alcamese e il centro della città. Dopo l'Unità d'Italia, con la trasformazione degli edifici appartenuti agli ordini religiosi in scuole, ospedali e caserme, e con l'abbattimento delle mura di difesa, inizia l'espansione edilizia fino alle pendici del Monte Bonifato e il declino della parte antica della città. Negli ultimi anni, con il restauro dei principali monumenti il centro storico è tornato ad assumere la funzione di vero e proprio salotto cittadino.



La Riserva naturale di Monte Bonifato

L’area di Monte Bonifato meglio conosciuta come Bosco d’Alcamo è diventata Riserva Naturale Orientata dal 1984. Il bosco è una della quattro riserve naturali orientate del trapanese.

L'itinerario che vi proponiamo non presenta grosse difficoltà, si tratta infatti, di un itinerario medio- facile. Per percorrerlo occorrono circa 3 ore quindi copritevi bene dato che ormai la stagione fredda è arrivata da un pezzo.

Lasciando alle spalle l'abitato di Alcamo, ci si dirige verso la riserva lungo una strada tortuosa, seguendo le indicazioni dei cartelli turistici. Giunti davanti alla "Funtanazza", resto di un antico serbatoio idrico arabo, si lascia l'auto per addentrarsi nella Pineta. L’ex albergo "La Funtanazza" è attualmente sede del CELT , un centro di educazione ambientale, realizzato dalla Provincia Regionale di Trapani, in collaborazione con la LIPU, che ha realizzato un capanno birdwatching e sviluppato una campagna di sensibilizzazione nelle scuole sull’avifauna.

Monte Bonifato è un complesso montuoso, costituito da massicci calcarei, ricoperto prevalentemente da un bosco di conifere e in misura minore da latifoglie. Il bosco, che ha una superficie di 280 ettari, è il risultato di una intensa e ben fatta attività di rimboschimento iniziata negli anni '50 e continuata fino agli anni ‘80. Le specie rimboschite sono state principalmente il Pino d’Aleppo, il Cipresso e il Pino domestico. Il bosco, specialmente sul versante nord e nord-ovest si mischia con un fitto sottobosco spontaneo di latifoglie, principalmente Leccio e Roverella, testimonianza del bosco originario che ricopriva la cima del monte sino al XIX secolo. La vegetazione è stata poi distrutta da incendi e tagli estesi.

La riserva comincia da quota 550 metri ed era anticamente sede di un antico centro abitato di epoca greca, detto Longuro. Questo villaggio sicano di avvistamento, la cui storia è legata a quella della più florida Segesta, assunse l'attuale nome, in epoca tardo romana, in onore del cavaliere Bonifato. Monte Bonifato risulta essere un’area importante dal punto di vista archeologico. Vi sono reperti del periodo pre-protostorico, arcaico, classico e medioevale. I materiali relativi alla preistoria sono rappresentati da pochi frammenti ceramici e da strumenti in selce e ossidiana. Lungo le pendici del monte si estende la necropoli protostorica costituita da tombe del tipo a grotticella artificiale scavate nella roccia.

Nel sottobosco, crescono il pungitopo (dalle tipiche bacche rosse usato per le decorazioni natalizie) la felce aquilina, il Rovo, l’Edera, l’Assenzio, il Prugnolo, il Biancospino, la Rosa canina e la Ginestra. Nelle zone aperte invece, troviamo l’Amphelodesma (localmente detta "disa"), l’Euforbia dendroide, la Palma nana, il Sommacco, la Ginestra, la Ferula e la Peonia.

Per quanto riguarda la fauna, sono presenti mammiferi come la Volpe, il Riccio, il Coniglio selvatico, l’Istrice, il Topo quercino e la Donnola. L’avifauna è molto ricca infatti sono state censite più di 36 specie di uccelli nidificanti. Tra questi rapaci come la Poiana, il Gheppio, il Falco pellegrino, il Falco Lanario, il Barbagianni, la Civetta, l’Assiolo. Numerose altre specie come la Cinciallegra, l’Occhiocotto, il Pettirosso, l’Averla, il Merlo, la Taccola, il Corvo Imperiale, il Rampichino, l’Upupa, il Colombaccio, la Ghiandaia, il Passero solitario. Da segnalare la recente nidificazione del Picchio rosso maggiore, specie assente da decine di anni. Fino a qualche anno fa era possibile ammirare la splendida Aquila del Bonelli che volteggiava sulla pineta presente solo in Sicilia e Sardegna, oggi quasi in via di estinzione.

Lungo il sentiero, circondato da rovi e pungitopo, saliamo verso la cima del monte a 825 metri, dopo aver superato la Porta Regina, antico ingresso dell'abitato medioevale e la torre, resto del castello edificato dai Ventimiglia. Il Castello di Bonifato, posto sulla cima del monte è documentato per la prima volta nel 1337, fu successivamente riedificato dai Ventimiglia, signori di Alcamo nel 1397. Del Castello si conserva quasi integra la torre di Nord-Ovest detta Torre Saracena, che si sviluppa su tre piani per un’altezza di oltre 19 metri. Il periodo meglio documentato è quello tra il XII e la metà del XIV sec. quando su Monte Bonifato sorgeva un vasto centro fortificato. I resti di una cinta muraria di 2 metri di spessore sono ancora evidenti alla Porta della Regina, unico accesso all’antico centro sul lato settentrionale.

Giunti in vetta, accanto alla cappella della Madonna dell'Alto, si domina il Golfo di Castellamare e tutto il versante nord della riserva. Scendendo lungo la strada forestale che porta al lato sud si giunge alla pineta dell'area attrezzata di contrada Mazzané, luogo ideale per una sosta e per un pic-nic all'ombra. Da lì potremo, risalendo lungo un sentiero ritornare a casa.



Il Bianco d'Alcamo Doc

Alcamo è anche famosa per la produzione di un eccellente vino bianco, il Bianco D'Alcamo Doc. Delicato ed elegante, è un classico dell'enologia siciliana di qualità. Piacevole e dal profumo intenso, seduce il palato con la morbidezza e con un'invitante e fresca nota acida, che lo rendono un bianco di eccellente bevibilità. E' prodotto con uve Catarratto bianco in percentuale dall'80% al 100% ma possono concorrere anche altre uve come Damaschino, Grecanico e Trebbiano toscano per un massimo del 20%. Il colore è giallo paglierino tenue ed ha una gradazione alcolica non inferiore agli 11,5 gradi [La Strada del Bianco d'Alcamo].

Buseto Palizzolo

Km 20 da Trapani, a m. 249, sulle colline a S del capo San Vito, alle pendici NE del monte Luziano, sup. 72,7 kmq., 3.377 abitanti, Busetani, Cap. 91012, tel. 0923. Economia agricola specialità: melone giallo, cucumis melo.

… complice un calice di Bianco d'Alcamo





Alcamo ... in provincia di Trapani.

La cittadina è vicina all'autostrada proveniente da Palermo, che proprio qui si biforca alla volta di Trapani e di Mazara del Vallo.

Si estende nei pressi del mare, qui racchiuso dal golfo di Castellammare.

È vicinissima al tempio di Segesta e baricentrica rispetto ad altre località turistiche, da Monreale a Erice.

Alcamo è una cittadina di antica dignità, intatta nel suo ben tenuto nucleo trecentesco, e molto attiva specie nella produzione del Bianco d'Alcamo, tra i vini più apprezzati del Sud.

In realtà il centro scarseggia, come del resto tutta l'isola, di hotel di qualità. Per questo il Comune sta promuovendo il concetto di "città albergo", riunendo in un consorzio i privati disposti ad affittare camere, appartamenti e seconde case, specie nell'animata contrada di Alcamo Marina.



A pranzo nel feudo di un barone

La nostra raccomandazione va a un agriturismo che si trova nella vallata al confine tra Alcamo e Balestrate, la fattoria Manostalla. La struttura edilizia è molto caratteristica: un quadrato di mura, sintomatico di atavici timori nei confronti di pirati e briganti, racchiude una corte su cui si affacciano la casa padronale e gli annessi rustici. Si tratta di un baglio, fulcro dell'antico feudo dei baroni Chiarelli, che si stendeva per ettari ed ettari a vigne, ulivi, cereali e pascoli.

Varcato il portale d'accesso, incontriamo Alessandro, erede della casata e imprenditore. In azienda si produce formaggio vaccino e caprino: il caseificio è un piccolo gioiello di tecnologia ma gli attrezzi, con apposita deroga, sono quelli antichi, mastelli in legno e cannicci in legno dove far riposare la cagliata. E in futuro il latte sarà quello della tipica vacca modicana, nera di mantello, rustica e meno generosa di latte ma ideale per restituire al formaggio il sapore più autentico. A tavola arrivano piatti deliziosi: pasta fatta in casa, caponata e caciocavallo, cannoli con la ricotta della mattina, il tutto bagnato dai vini della casa. L'atmosfera del baglio è genuina, rustica quanto basta per non sentirsi in albergo. Per gli appassionati di turismo equestre sono a disposizione i cavalli dell'azienda mentre gli amanti del trekking possono sperimentare i tracciati del Sentiero Italia.



Tutta la verità sui vini rossi e passiti

Segnaliamo l'enoteca Vini Manfrè che si trova ad Alcamo, a due passi da piazza della Repubblica. Il cantiniere Calogero Manfrè consiglia con professionalità e simpatia questa o quella bottiglia di Bianco d'Alcamo. La rassegna di produttori comprende nomi celebri, come Rapitalà e Rallo, e aziende minori che non mancano di stupire per la bontà del prodotto. Citiamo, per esempio, la Cadivin di Partinico, che si è recentemente guadagnata la "gran menzione" al Vinitaly.

Prima di congedarvi dal cantiniere fatevi spillare dell'ottimo vino passito, fornito dai produttori di Marsala e Pantelleria, e non dimenticate di chiedere l'olio, disponibile nelle pregiatissime produzioni della Valle del Belice. Se volete visitare un'azienda, il nome da annotare è quello della Marzuko, cooperativa aderente al Movimento Turismo del Vino, che stende i suoi vigneti in quel di Calatafimi, sullo sfondo del tempio di Segesta; al Bianco d'Alcamo Lèrico si affiancano i vini da tavola Solario Bianco, Solario Rosso e Baglio Rosso, nei quali si trovano combinati ceppi della tradizione e vitigni di recente introduzione (come il Müller Thurgau e lo Chardonnay).



Da Castellammare a San Vito lo Capo

In chiusura, vi proponiamo un assaggio di quelle che sono le attrattive del territorio. Scendiamo, innanzitutto, a Castellammare del Golfo. Sul molo, d'estate, viene montato un chiosco che propone piatti di pesce; gustarli, mentre scende il buio, col viavai delle barche da pesca e la cittadina che si accende pian piano di luci, è una bella esperienza. Poi, superato il centro abitato, percorrendo la litoranea, si giunge a Scopello; a mare, incorniciata da scogliere e faraglioni, si innalza l'antica tonnara; all'interno si trova il borgo contadino, sorto attorno a un grande baglio settecentesco in cui oggi è ambientato il buon ristorante Torre Bennistra. Poco oltre inizia la splendida Riserva naturale dello Zingaro, che comprende una decina di chilometri di costa selvaggia, sulla quale ancora domina la rara aquila del Bonelli. L'arco del golfo si conclude a ponente con il centro di San Vito lo Capo. Per raggiungerlo via terra bisogna fare un lungo giro, ma ne vale la pena. Bellissima la spiaggia e lo scenario, sovrastato dalle guglie del monte Monaco; straordinaria l'accoglienza gastronomica con la sorpresa del cuscus, il piatto nordafricano qui elevato a specialità e servito con pesce di scoglio, verdure e quant'altro.

Poi è la volta di Erice, di Trapani, delle isole Egadi..



INFO

Alcamo (Tp)

Comune di Alcamo, piazza Ciullo 1, tel. 0924.590111.

Vini Manfrè, via Madonna del Riposo 43, tel. 0924.26596.

Balestrate (Pa)

Fattoria Manostalla-Villa Chiarelli, tel. 091.8787033.

Calatafimi (Tp)

Cantina Marzuko, Scalo ferroviario, tel. 0924.951191.

Castellammare del Golfo (TP)

Ristorante Torre Bennistra, a Scopello, via Natale di Roma 19, te





CALATAFIMI

Km 34 da Trapani, a m. 330, su dorsale tra due colli, nel bacino del fiume Freddo, sup. 154,8 kmq., Calatafimesi, Cap. 91013, tel. 0924. Economia: agricoltura (agrumi, grano, olio, uva); cave di gesso e pietra; acque termali.







CAMPOBELLO DI MAZARA

Km 65 da Trapani, a m. 110, nella bassa valle del fiume Modione, a breve distanza dalla sua foce, sup. 65,8 kmq., Campobellesi, Cap. 91021, tel. 0924. Economia: agricola, vini.



CASTELLAMMARE DI GOLFO

Km 41 da Trapani, a m. 63, sul mar Tirreno, in fondo al golfo omonimo, sup. 127,2 kmq., Castellammaresi, Cap. 91014, tel. 0924. Economia: agricoltura, industrie di arredamento, cardami, lavorazione marmi. Pesca. Turismo.



CASTELVETRANO

Km 55 da Trapani, a m. 190, nelle colline tra il torrente Delia e il fiume Modione, sup. 207 kmq., Castelvetranesi, Cap. 91022, tel. 0924. Economia: agricoltura, industrie enologiche, metaliche, di materiali edili, ecc.Turismo.



CUSTONACI

Km 19 da Trapani, a m. 186, a breve distanza dal litorale del golfo di Bonagia, alle falde del monte Cofano, sup. 69,6 kmq., Custonacesi, Cap. 91015, tel. 0923. Economia: agricoltura, estrazione e lavorazione di marmi.





EGADI

Informazioni utili



Comune di Favignana 0923 921111

Azienda Provinciale Turismo 0923 545511

Pro Loco 0923 921647

Carabinieri 0923 921202

Emergenza in mare167 090090

Pronto Soccorso 0923 921283



L'arcipelago delle Egadi comprende tre isole principali, Favignana (la maggiore), Levanzo (la minore) e Marettimo, e due grandi scogli, Maraone e Formica, che

emergono dalle acque azzurre del Tirreno, a poche miglia da Trapani, da cui sono facilmente raggiungibili con traghetti e aliscafi (Siremar 0923 540515, Alilauro 0923 24073).

Le acque limpide e le coste affascinanti, i piccoli rilievi, le baie, le grotte, e poi il particolare richiamo della tonnara (una delle poche superstiti in Sicilia), fanno delle Egadi una apprezzata meta turistica e balneare.

Il toponimo "Egadi" significa "favorevole, propizio", forse in riferimento alla mitezza del clima e alla pescosità del mare.

La storia delle Egadi ha origini molto antiche: sono tuttora visibili i segni delle culture dell'età dei metalli.

Abitate sin dalla preistoria e conosciute anche in età classica, queste isole appartennero alla famiglia Pallavicini-Rusconi fino al XIX secolo, quando la proprietà della Tonnara passò ai Florio e poi ai Parodi.



Favignana

Meta di viaggiatori, scrittori e pensatori antichi e contemporanei Favignana ha ispirato, con i suoi colori, la sua natura e le sue coste lussureggianti, i viaggi di numerosi artisti ed esploratori.

Oggi è frequentata da un turismo vivace soprattutto nel periodo estivo, quando le acque dalle trasparenze verde azzurro, e la ricchezza delle grotte naturali lungo le coste, si mostrano in tutta la loro bellezza.

Nell'interno del paese, altre bellezze, altri luoghi d'incanto: le cave di tufo e di arenaria, che mutano i loro colori in un gioco di luci ed ombre.

Arroccato sopra il monte di Santa Caterina, che domina il porto di Favignana, sorge il Forte omonimo; da questo cocuzzolo, raggiungibile attraverso lunghi e sinuosi tornanti, si ammira un panorama sul paese e sulla ottocentesca tonnara dei Florio.

Le prime due tonnare, quella di San Leonardo e di San Nicolò, furono invece installate a Favignana in epoca angioina.

Alla famiglia Florio l'isola ha legato la sua prosperità dalla seconda metà dell'800, fino ai primi decenni di questo secolo.

A simbolo di Aegusa (questo il nome antico di Favignana) è stato edificato, infatti, lo stabilimento dei Florio che si trova proprio all'ingresso di Favignana, sul porto; il giro dell'isola, via terra, inizia esattamente da qui: un'unica strada conduce placidamente dal porto verso il centro del paese ed è subito un immergersi negli aromi del Sud, nei colori della macchia mediterranea e nei sapori salmastri.

Lungo questo percorso si raggiunge la piazza Matrice, e sulla destra si entra nel quartiere S. Anna, il nucleo più antico del paese edificato verso la metà del 1600, dove si nascondono, tra le splendide cave di tufo, i giardini ipogei da cui emanano i profumi delle Mille e una notte.

Affascinano i visitatori, per la ricchezza degli scenari naturali, punta Faraglione (alta 34 metri circa a strapiombo sul mare) all'estremità settentrionale dell'isola, punta Ferro e punta Calarossa.



Levanzo

A poche miglia dall'isola di Favignana si trova Levanzo: l'isola più vicina alla costa trapanese, con un piccolo porto, e un adorabile paesino.

Le coste di Levanzo sono alte e rocciose e, in generale, l'aspetto dell'isola è più selvaggio rispetto alla vicina Favignana.

Tra i rinvenimenti preistorici quelli più rappresentativi sono visibili nella grotta del Genovese: si tratta di tracce del neolitico e del paleolitico; questa grotta è raggiungibile sia dal mare che da terra, percorrendo per circa due ore un sentiero solitario.

Abitata da poche centinaia di persone, Levanzo si mostra in tutta la sua bellezza di oasi solinga: un piccolo borgo in cui il ritmo della vita frenetica sembra essersi interrotto, una deliziosa cala in cui si può godere di un mare color smeraldo e una mulattiera che la taglia da nord a sud, congiungendo il villaggio al faro di Capo Rosso, a picco sul mare.

Chi ama il fresco dei boschi può visitare anche Cala Minnola dove già da anni è iniziata una attività di rimboschimento con pini, tipici della macchia mediterranea.



Marettimo

A 38 chilometri ad ovest di Trapani emerge da splendide acque cristalline Marettimo: l'isola più montuosa e verdeggiante dell'arcipelago delle Egadi, popolata da rupi alte fino a 700 metri (come monte Falcone) e abbondante di sorgenti di acqua freschissima.

Sulla Punta Troìa è visibile una fortezza borbonica, un tempo adibita a prigione; appena sopra il paese si scorgono le tracce del passaggio romano nell'isola e anche una piccola chiesa di epoca normanna.

Ricca di suggestive grotte raggiungibili in barca - splendide quelle del Cammello, del Presepe e della Bombarda - Marettimo accoglie anche diverse specie endemiche, animali e vegetali.

La visita all'isola è oggi agevolata dalla presenza di sentieri pedonali che consentono di apprezzarne appieno il fascino; proseguendo lungo uno di questi si raggiunge la fonte Pegna, dove sopravvive una piccola pineta. Nella zona nord-occidentale dell'isola è visibile una macchia a leccio, lentisco ed erica.

Tipiche di Marettimo sono anche numerose specie vegetali appartenenti alla macchia mediterranea.



Il rito della mattanza

Fino a una quarantina d'anni fa la mattanza dei tonni era uno spettacolo tradizionale lungo le coste siciliane, oggi invece sopravvive in pochissimi luoghi. Favignana è tra questi.

La mattanza (dallo spagnolo matar, uccidere) si svolge tra fine aprile e metà giugno e, pur nella sua finalità diretta a catturare i tonni da vendere sul mercato, riassume storicamente nella mente delle genti di Sicilia il valore simbolico dell'eterna lotta tra l'uomo e la natura, qui in forma di animale (ci viene in mente la corrida spagnola o la lotta titanica tra il marinaio e il marlin ne "Il vecchio e il mare" di Hemingway): rituale popolare, tradizione corale, cerimonia intensa e crudele, intrisa di forti significati culturali.

I branchi di tonni spinti dalle correnti orientali del mediterraneo si ritrovano ogni anno a primavera nelle calde acque del Canale di Sicilia per l'accoppiamento, ed è qui che i pescatori organizzano il sofisticato metodo di cattura, secondo una tecnica antica e rigidamente codificata.

Gli animali vengono dapprima guidati all'interno di un sistema di reti e ancore galleggianti che li incanala verso la "camera della morte"; a questo punto le imbarcazioni chiudono da ogni lato il quadrilatero e i tonnaroti issano la rete dove i tonni soffocano, storditi per la mancanza di spazio e di acqua.

E' il momento della mattanza: i marinai colpiscono i tonni con gli arpioni e li issano sulle barche, mentre l'acqua diventa rossa del loro sangue in un crescendo impressionante.

Al di là dei fatti simbolici comunque il lavoro delle tonnare siciliane rappresentava in passato una voce complessa e importante dell'economia, con grandi stabilimenti (oggi splendidi esempi di archeologia industriale) e una vera attività imprenditoriale, con un forte indotto, per la lavorazione e la conservazione del pesce.

Nelle isole le tonnare sono importanti per l'economia sin dal 1453, quando divennero titolo di baronia. Seguendo poi il flusso degli interessi marittimi e commerciali dei liguri verso quest'arcipelago, i Pallavicini-Rusconi, banchieri genovesi, ottennero nel seicento da Filippo IV di Spagna l'arcipelago e le tonnare, in cambio di un loro grosso credito. Nel 1878 i Florio, anch'essi di origine ligure e grandi imprenditori, con due milioni di lire in contanti divennero proprietari di tutto; fu questa famiglia a rendere moderne le tonnare e a creare gli stabilimenti industriali per la lavorazione dei prodotti ittici. Successivamente arrivarono i Parodi, i quali ne divennero a loro volta i proprietari, confermando il rapporto esistente tra Egadi e Liguria.



Vademecum di viaggio

In queste isole si va per riposarsi, per fermare il tempo. Per rieducarsi con gusto e tranquillità al vero senso delle cose, dei rapporti umani e con la natura. Per re-imparare quali sono i bisogni veramente essenziali e quali gli inutili orpelli che affaticano le nostre esistenze.

Non c'è molto da fare in queste isole per chi ama le vacanze stressanti come stressante sarà per loro il resto dell'anno. Già, in queste isole si dimentica facilmente cosa è lo stress.

Mare, sole, letture, un giro in bicicletta e qualche chiacchierata in piazza con i locali (amabilissimi se non ti presenti con la tracotanza del "cittadino civilizzato" che onora i paesani trogloditi). E tanto buon cibo. Le isole hanno una tradizione gastronomica di tutto rispetto, ovviamente basata sul pescato: piatti semplici, ma curati e saporiti, sempre preparati ingredienti freschissimi, prodotti direttamente sul posto.

Nei pochi ristoranti dell'isola si mangia bene praticamente dappertutto; ma il massimo sarebbe stringere amicizia con gente del posto ed assaggiare la cucina casalinga.

Noi vi consigliamo di provare ovviamente il tonno, che qui preparano in diverse versioni: semplicemente alla griglia, con la cipollata, all'agrodolce. Poi gli involtini di spada, le fritture di gamberi e di calamari, le prelibate aragoste lessate arricchite con un filo di olio d'oliva, la cernia o l'orata preparate al forno con le patate.

Noi ci siamo trovati benissimo in un piccolo ristorante di Favignana, l'Egadi, dove ad un'accoglienza affettuosa e discreta si unisce una cucina raffinata e ghiotta che valorizza al meglio una materia prima di straordinaria qualità.

Assaggiate il carpaccio di tonno alle erbe, il lattume, le frascatole in zuppa di aragosta (una sorta di cuscus cotto direttamente nel brodo dell'aragosta), le farfalline alla crema di seppie con finocchietto selvatico e mandorle tostate. E il pesce in tanti modi. Chiudete con le cassatelle di ricotta, i fichi al forno o i succosi gelsi neri. Prima di alzarvi bevete poi un ultimo rosolio fatto in casa. E la vita vi sembrerà più rosea.

Se poi la vostra vacanza è destinata a finire (come per tutti noi comuni mortali) portatevi almeno un ricordo (alimentare) di questo sogno: i pescatori locali si sono organizzati in diverse cooperative che, con passione ed antica arte, lavorano e conservano il pescato: in centro troverete diversi negozietti che vendono i tipici prodotti di tonnara, sia sottoli che salati, come bottarga, cuore, ficazza, mosciame.

Il calore del sole e dell'accoglienza delle Egadi tornerà con voi







ERICE

Km 15 da Trapani, a m. 571, sulle sommità del monte San Giuliano, Ericini, Cap. 91016, tel. 0923. Economia: agricoltura, artigianato(tappeti, ceramiche, turismo).



Informazioni utili

Tourist INFO 0923 869388

Municipio 0923 869065

Carabinieri 0923 869212

Guardia medica 0923 869421



Abitanti: Ericini



La cittadina è posta sulla vetta di un monte isolato, all'estremità nord occidentale della Sicilia, e dista 15 km da Trapani.

A 750 m. sul livello del mare, Erice si trova in una splendida posizione panoramica e nelle giornate limpide è possibile individuare l'Etna all'orizzonte: la città si è affermata ormai come una delle principali mete turistiche siciliane.

Il clima è tipicamente mediterraneo, ma, in considerazione dell'altitudine, è particolarmente freddo in inverno, quando non è insolito che la città e l'intera cima del monte siano avvolti in un fitto strato di nebbia; in estate diventa piacevole, ma è sempre bene portare con sé un maglione.

A Erice ha sede il Centro di Cultura Scientifica "Ettore Majorana" che, fondato nel 1963, è un importante catalizzatore di iniziative culturali per la città ed è divenuto negli anni un polo di eccellenza nel campo della ricerca scientifica a livello internazionale.



In giro per la città

Meravigliosa sintesi di arte, storia e paesaggio, la cittadina di Erice conserva praticamente intatto il suo centro medievale, perfettamente integrato con la morfologia del monte ed armoniosamente fuso con la splendida natura circostante.

L'impianto urbano ha perfetta forma triangolare ed è delimitato sul lato occidentale da mura ciclopiche, interrotte da torrioni e da tre porte normanne: porta Spada, porta del Carmine e porta Trapani.

A sud-est dell'abitato si trova il bellissimo giardino del Balio, all'interno del quale svetta il castello Pepoli, costruito in età normanna e largamente modificato nel XIX sec. per essere trasformato in villa.

Risale invece al XII sec. il castello di Venere: una tipica fortezza medievale costruita nell'area ove un tempo doveva sorgere l'antico santuario di Venere Ericina.

Erice accoglie più di sessanta chiese, alcune delle quali documenti architettonici di grande pregio e preziosa testimonianza storica: tra queste la chiesa di San Martino, di San Cataldo, di San Giuliano, di San Giovanni Battista.

La chiesa di San Giuliano fu costruita dai normanni intorno all'anno Mille e pesantemente trasformata nel secolo XVII; interessante per la sua facciata di pietra rosa è adibita oggi ad aula conferenze e centro culturale.

La fabbrica di San Giovanni Battista è riconoscibile dalla sua cupola bianca che svetta isolata all'estremità orientale della città; di origine medievale, fu ricostruita nel '600 e conserva intatto il portale gotico d'ingresso.

Tra le chiese primeggia la Matrice, dedicata all'Assunta ed eretta nei primi anni del XIV sec. cui si aggiunse successivamente il protiro gotico davanti allo straordinario portale ogivale.

L'interno è stato abbondantemente rimaneggiato e conserva una Madonna col Bambino in marmo, opera di Domenico Gagini (XV sec.), ed una ancona marmorea cinquecentesca.

Trecentesco è anche il massiccio campanile isolato della chiesa, merlato ed ornato di bifore e monofore, di chiara ispirazione chiaramontana.

Il cuore della città è rappresentato dalla piazza Umberto I°, sulla quale si affaccia il Municipio, che ospita il Museo Cordici.

Nell'atrio del museo si trova l'Annunciazione di Antonello Gagini; all'interno collezioni di monete e opere pittoriche e reperti preistorici, punici e greci, provenienti dalla necropoli ericina. Tra questi la splendida testina di Afrodite (V sec. a.C.).



Un po' di storia

Di origine mitica, la città (a quei tempi Iruka) fu abitata dagli Elimi, che costruirono la cinta muraria e vi eressero il tempio dedicato al culto di Venere, dea della fecondità e dell'amore.

Alcuni storici identificano gli Elimi con i Sicani, altri sostengono che essi provenissero dalle coste Liguri, altri ancora dall'Anatolia dopo la distruzione di *****. La città passò alla fine del V sec. ai Cartaginesi e ai Romani con la battaglia delle Egadi (241 a.C.).

Dopo un periodo di decadenza fu ricostruita dagli arabi che la chiamarono Gebel-Hamed e dai normanni per i quali fu Monte San Giuliano.

Nell'antichità Erice fu celebre per il sacro e antico culto pagano di Venere Ericina (Ibla per i Sicani, Astarte per i Cartaginesi, Toruc per i Fenici e poi Afrodite per i Greci e Venere per i Romani) cui era dedicato un tempio dove si praticava la prostituzione sacra.



Eventi e manifestazioni

Gli eventi e le manifestazioni più significative per la città sono in genere quelle promosse dal Centro Ettore Maiorana, che raccoglie ed ospita continuamente delegazioni internazionali e convegnisti di fama.

Si susseguono i convegni, le conferenze, i laboratori di studio, i workshop, sui temi della ricerca scientifica, animati dall'infaticabile prof. Zichichi che è l'animatore del Centro Studi.

In quelle occasioni vengono offerti spesso ai partecipanti ai convegni, spettacoli, concerti ed eventi culturali di buon livello, cui anche i non-convegnisti possono prendere parte.

L'evento culturale più importante della città si svolge invece alla fine dell'estate ed è la Settimana di Musica Medievale e Rinascimentale: un appuntamento fisso ormai da molti anni per gli amanti della musica antica: in quel periodo i vicoli e le chiese medievali riecheggiano magicamente di musiche recuperate alla memoria da artisti di fama internazionale.

Un altro appuntamento ormai fisso da un paio di anni è per la città il festeggiamento, insolito, della notte di Halloween (tra il 28 ottobre e il 1° novembre): la notte stregata che precede il giorno dei Morti, una celebrazione molto radicata nella cultura americana ed in quella anglosassone in generale, ma che da diversi anni si sta diffondendo anche in Italia.

Per questa occasione tutta la cittadina si mobilita per dar libero sfogo alle più macabre e divertenti fantasie.

La partecipazione è generale: si svolgono rappresentazioni in costume, spettacoli, cocktail, cene a tema, concerti di musica celtica, tutti con un unico tema portante: l'horror.



Itinerari e dintorni

Scendendo dal monte di Erice e proseguendo sulla strada che da Trapani va verso Marsala vi proponiamo un itinerario indimenticabile, tra natura e cultura, all'interno dello Stagnone, un basso specchio d'acqua di mare, oggi divenuto Riserva Naturale Orientata, per la ricchezza della flora e della fauna.

Qui il paesaggio di magico incanto è dominato dai mulini a vento (alcuni del '500, completamente restaurati nei loro ingranaggi in legno) utilizzati per la "cultura del sale marino": uno spettacolo unico e vario in ogni momento dell'anno.

Da giugno a settembre, la raccolta del sale e le distese infinite dei piccoli cumuli, bianchissimi; la quiete solenne del riposo invernale, dominata dai grandi trapezi di tegole che proteggono il sale; le varie fasi di preparazione della coltura, in primavera.

Anche l'isoletta di Mozia merita una visita: il breve tratto di mare che la separa dalla terraferma, era attraversata un tempo dai carri pieni di uva tirati da buoi affondati nell'acqua per circa un metro.

La città, di origine fenicia, ebbe grande importanza strategica per le operazioni dei Cartaginesi contro i Greci di Sicilia e fu assediata ed espugnata da Dionisio di Siracusa nel 397 a.C.

Abbondanti i resti dell'insediamento fenicio su tutta l'isola e ricco di reperti archeologici il Museo ospitato nella villa Whitaker, residenza della famiglia inglese che si stabilì in Sicilia alla fine dell'800: tra tutti da non perdere la mirabile statua dell'Auriga.

Ancora oggi nell'isola si coltivano le uve da vino che la resero famosa nell'antichità e da qualche anno si è ripresa la produzione di un vino preziosissimo, fatto con le antiche tecniche fenicie.



Vademecum di viaggio

La cittadina, sospesa tra le nuvole, non è mai affollata dai grandi circuiti turistici. Capita spesso quindi, anche in estate, anche durante i fine settimana, di incamminarsi lungo le affascinanti stradine medievali del borgo, ed essere soli; di sentire i propri passi sull'antico selciato.

Vi consigliamo di visitarla in inverno (ma arrivateci ben coperti) quando la nebbia le dona un'atmosfera veramente irreale, come sospesa nel tempo.

Aggiratevi tra i vicoli acciottolati e silenziosi e i cortili delle case colmi di piante e fiori.

Godetevi il silenzio rarefatto delle chiese e dei conventi.

Il centro cittadino conserva intatto il fascino di antico bordo fortificato, animato da botteghe di artigianato tipico: ceramiche finemente decorate, tappeti variopinti tessuti a mano.

Non perdetevi la raffinata pasticceria ericina, nata tra le mura dei conventi.

Noi vi consigliamo di fare un salto all'Antica Pasticceria del Convento, in via Guarnotti, una delle più celebri pasticcerie siciliane, dove si gustano i tipici dolcetti di pasta di mandorla ripieni di cedro candito.

Per la vicinanza con Trapani e il suo porto, a Erice si mangia dell'ottimo pesce ed un insuperabile cus cus (interessante anche nella variante con la carne di montone, secondo l'originale ricetta araba).

Vi consigliamo di provarlo al ristorante Monte San Giuliano: in estate si può mangiare all'aperto, nel patio fresco e silenzioso, profumato di fiori. Tutto l'anno comunque una cena qui è una pura esperienza dello spirito.









FAVIGNANA

Comune isolano delle Egadi a 10 miglia da Trapani. Sup.19,38 Kmq, altitudine 10 m. Favignanesi. Cap. 91023. Prefisso telefonico 0923. Frazioni: Levanzo, Marettimo.





GIBELLINA

Km 63 da Trapani, a m. 378, nel bacino del fiume Belice, sulle pendici SE del monte Rocca Tonda, sup. 45 kmq., Gibellinesi, Cap. 91024, tel.0924. Economia agricola.



Gibellina, la città museo

Gibellina (TP) è una città giovane, ricostruita nella seconda metà del secolo scorso in seguito al violento terremoto che, nella notte tra il 14 e il 15 Gennaio1968, colpì la Valle del Belice seminando distruzione e cancellando le speranze di un'intera popolazione.

Tra i 14 centri colpiti dal sisma, oltre a Gibellina vi furono altri paesi che rimasero completamente distrutti: Poggioreale, Salaparuta, Montevago. Le vittime furono oltre 400, più di 1000 i feriti, oltre 100 mila i senzatetto.

Gibellina, fondata su cinque colline, aveva uno stile arabo-medievale con viuzze strette, case povere e fatiscenti che diedero luogo ad un'effetto valanga: le case in alto, crollando, abbatterono le altre più in basso, precipitando le une sulle altre. Una vera e propria catasrofe. Anche il periodo post terremoto per i gibellinesi fu molto duro: in tanti emigrarono in cerca di fortuna e quei pochi coraggiosi che rimasero dovettero fare i conti con 14 anni di miseria e di vita infernale nelle baracche.

Oggi Gibellina è una città nuova che ha saputo risorgere dalle macerie grazie all'impegno dell'allora sindaco Ludovico Corrao, intellettuale illuminato di sinistra e poi Senatore della Repubblica. Mentre lo Stato si mosse con lentezza, Corrao non restò a guardare chiedendo aiuto ai suoi amici pittori, architetti e poeti per ridisegnare la città. All'appello del sindaco risposero artisti del calibro di Alberto Burri, Mario Schifano, Franco Angeli, Andrea Cascella, Pietro Consagra, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino e intellettuali come Leonardo Sciascia e molti altri, italiani e stranieri che impiegaono le loro energie per la ricostruzione.

La nuova città fu tenuta a battesimo il 3 Giugno 1979 con una cerimonia che si svolse tra i ruderi del paese vecchio, con la rappresentazione dell'Orestiade di Eschilo reinventata dal poeta e artista siciliano Emilio Isgrò. Della città vecchia, distrutta totalmente dal terremoto, oggi rimangono solo i ruderi. La seconda, quella nuova invece, si sviluppa in modo fantastico e originale essendo stata progettata da numerosi artisti contemporanei.

Gibellina fu costruita seguendo un'idea molto particolare: rendere la città una sorta di museo permanente con sculture disseminate per le vie ed edifici che divenissero essi stessi opere d'arte.

Il paese si raggiunge uscendo allo svincolo per Salemi dell'autostrada A29 Palermo-Mazara del Vallo e passando sotto la "Porta del Belice", cioè sotto la stella in acciaio di Pietro Consagra, alta 24 metri. La nuova città è sorta secondo criteri moderni ispirati all'architettura postmoderna e concettuale. Ha pianta ellittica e centrifuga, nessun centro aggregante dove convergono le strade. Queste ultime sono lunghe e larghe, ottime vie di fuga in caso di necessità, le case, tutte nuove, ordinate, molte firmate dai grandi dell'architettura moderna. Sicuramente per gli abitanti più anziani, il cambio di stile non deve essere stato facile da digerire. Ogni strada inoltre, porta il nome di un personaggio siciliano, arabo o nordafricano che testimonia la volontà di recuperare l'identità isolana e mediterranea.

Gibellina per anni è stata un laboratorio artistico a cielo aperto dove sono arrivati geni dell'arte italiana e mondiale. Tra gli edifici da visitare ricordiamo la "Chiesa sferica" di Ludovico Quaroni; il "Giardino Segreto" di Francesco Venezia che racchiude la facciata della cattedrale terremotata; "Meeting", la scultura-edificio polivalente di Pietro Consagra; il "Sistema delle piazze" (cinque per l'esattezza collegate tra loro) di Laura Thermes e Franco Purini; il "Municipio" di Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà.

Da non perdere poi, il Grande Cretto di Albero Burri, che sorge sulle macerie dell'antica città. Burri, ricoprì i ruderi della vecchia Gibellina con una colata di cemento bianco lasciando però inalterato l'impianto viario. Il risultato è un'opera grandiosa che conserva la memoria dei resti che la natura avrebbe altrimenti inghiottito con il passare degli anni. Avvolta in un silenzio di tomba, la colata bianca testimonia a 36 anni di distanza l'accaduto: le scosse ripetute, le urla della gente, la fuga senza scampo. Grossi blocchi di cemento ricoprono più di 100mila metri quadrati, cioè gran parte dell'abitato distrutto dal terremoto. Qui ogni anno, nel Teatro dei ruderi, si svolgono le Orestiadi, ciclo di manifestazioni teatrali, musicali, operistiche di prosa, musica etnica, arti visive e artigianato. Questi spettacoli hanno una forte valenza simbolica e rappresentano il patto di alleanza che ogni anno Gibellina rinnova con gli dei dopo essere risorta dalle sue stesse ceneri grazie alla tenacia dell'uomo.

Nel 1992 nacque la Fondazione Istituto di alta cultura "Orestiadi", con sede operativa presso il Baglio Di Stefano, che si occupa proprio di organizzare la rassegna. Il Baglio non è altro che una masseria ottocentesca, appena fuori dalla nuova Gibellina. Al centro dell'antico feudo sorge un grande edificio centrale che divide la vasta area interna in due corti: quella più bassa, riservata ai proprietari e quella più alta per gli usi agricoli. Nel 1984, il baglio divenne proprietà del Comune, venne restaurato ed oggi ospita il Museo delle Trame Mediterranee, una collezione d'arte e reperti archeologici di Sicilia, Nordafrica e vicino Oriente. Il Museo evidenzia i linguaggi e i segni comuni dell'area mediterranea: tessuti, tappeti, legno, ceramica, argento, gioielli, vestiti e paramenti, armi, architetture. Da vedere inoltre, il Museo Civico che ospita una delle poche collezioni d'arte contemporanea della Sicilia. Decine le opere, di artisti come Mario Schifano, Mimmo Rotella, Salavatore Fiume, Lucio Fontana, Corpora, Turcato, Carla Accardi, Franco Angeli, che hanno come denominatore comune Gibellina, il terremoto, la ricostruzione.





MARETTIMO

Sulla scogliera di Marettimo

A Marittimo, forse la più bella delle Egadi, a poche miglia da Trapani, l'ambiente naturale, la flora e la fauna, conservano ancora delle autentiche rarità.

Le falesie per esempio …

L'ambiente delle falesie marine è in assoluto uno dei più severi.

La verticalità, l'estrema scarsità di terreno fertile, l'esposizione ai venti e alla salsedine, sono potenti fattori selettivi.

Nel caso delle isole, poi, si aggiunge il peso dell'isolamento fisico.

Il risultato è un numero decisamente limitato di specie, compensato però spesso dalla presenza di vere rarità.

È questo il caso delle scogliere di Marettimo, la più selvaggia e relativamente integra tra le isole circumsiciliane.

Le rocce di Marettimo sono di natura calcarea e in molti tratti precipitano in mare con alte pareti traforate da cenge e cavità.

Qui, dove non sono potute arrivare le braccia dell'uomo e i denti di capre e maiali, la flora di Marettimo ha conservato i suoi caratteri più genuini.

Sugli stretti risalti e lungo le fessure si allungano i rami del caprifoglio mediterraneo mentre ogni piccola cavità dove si può trovare un po' di terra viene sfruttata da endemismi come il bupleoro a foglie di garofano, la scilla di Ugo e la finocchiella di Boccone.

Anche per gli animali la vita non è facile. Il clima caldo e secco favorisce la presenza dei rettili, come il biacco, presente nella nera varietà chiamata carbonario, il gongilo, due gechi (la tarantola e l'emidattilo verrucoso) e due lucertole: la campestre e la siciliana, qui presente, come accade spesso per le isole minori, con la sottospecie marettimensis.

Anche gli uccelli sono pochi e particolarmente adattati alla vita sulle rocce: tra questi si possono ricordare il piccione selvatico, il rondone maggiore, il passero solitario e la monachella nera.

Ma la presenza più preziosa è quella della rarissima aquila di Bonelli, che alcuni ricercatori ritengono ancora nidificante sulle rocce dell'isola e che trova nell'abbondante popolazione di conigli selvatici la preda principale.

E ancora: l'area marina protetta delle Egadi (la più vasta d'Italia), tutela fondali celebri anche per la loro ricchezza biologica.

Aragoste, gronghi, murene, cernie, seppie, scorfani e tantissime altre specie vegetali, come la posidonia, trovano in queste acque ottimali condizioni di vita.

E poi polipi rossi e gialli, rari coralli i cui frammenti si spargono sulle coste del trapanese, ricciole che nuotano nelle acque profonde, razze, pesci rondine.









MARSALA

Km 31 da Trapani, a m. 12, sul capo Boeo (antico Lilibeo), punto più occidentale della Sicilia, sup. 258,5 kmq., Marsalesi, Cap. 91025, tel. 0923. Economia: agricoltura: (uva); industrie enologiche e derivate, e varie. Turismo.

I tesori archeologici custoditi presso il museo archeologico di Marsala coprono un ampissimo periodo storico, dalla preistoria ai romani, e raccontano, con chiarezza degli scritti esplicativi e ricchezza di testimonianze, la storia della città lilibea.

Il museo si trova all'interno del Baglio Anselmi, un antico stabilimento vinicolo, che si trova all'interno del parco archeologico di Lilibeo.

Nei gradevoli spazi museali sono stati sistemati i materiali preistorici provenienti dal comprensorio di Marsala e di Mazara del Vallo.

Tra i pezzi più interessanti uno strigile, una cesoia di ferro, uno specchio di bronzo del III secolo a.C.e due steli puniche del IV - III secolo a.C.

Degni di nota i corredi funerari, tra cui una edicola a forma di tempietto e i piccoli monumenti funerari in tufo con decorazione policroma.

Sono anche visibili importanti brani di pavimenti a tessere in marmo a tessere a mosaico databili tra il V ed il III secolo d.C e provenienti dall'antico centro abitativo del Lilibeo.

Il museo si trova sul lungomare Boeo di Marsala

INFO

0923 952535





MAZARA DEL VALLO

Km 52 da Trapani, a m. 8, sulla costa occidentale dell'isola, alla foce del fiume Mazaro, sup. 305,5 kmq., Mazaresi, Cap. 91026, tel. 0923. Economia: agricoltura (uva); industrie (vinicole, mobili, e soprattutto pesca e derivati

Attraverso le indagine archeologiche condotte attorno all'area del Palazzo dei Cavalieri di Malta a Mazara del Vallo e sul lungomare Mazzini, sono state tracciate i segni di un abitato.

Infatti i dati raccolti nella precedente campagna hanno fornito informazioni, sull'estensione, l'articolazione, la cronologia e la destinazione d'uso dell'area.

I ritrovamenti secondo gli esperti della Soprintendenza ai beni culturali di Trapani, abbraccerebbero un arco cronologico di quasi 2000 anni e tre periodi della storia di Mazara.

Dagli scavi sono emerse le vecchie mura di difesa di età normanna, risalenti tra la fine dell'XI e i primi del XII sec. e molte strutture di età altomedievale legati all'attività commerciale . L'analisi stratigrafica del terreno ha inoltre permesso di individuare sette fasi evolutive dell'area circostante, con i relativi ambienti del primo nucleo urbano sorto alla foce del fiume Mazarò.

Dai dati raccolti sembra che si riferisca all'antico scalo commerciale punico risalente alla fine del IV sec.a.C. e che poi sarebbe diventato l'attuale porto. Un nodo davvero importante per la città che grazie alla sua posizione strategica, riusci', sia durante la colonizzazione dei greci che dopo la conquista dei normanni, a conferire la supremazia economica, in tutto il mondo mediterraneo.

Ma un altro interessante scavo, condotto negli ultimi anni, ha interessato l'area lungo la via Marina, nelle vicina chiesa di San Nicolò Regale; qui sono venute alla luce delle strutture murarie in blocchi isodomi in tufo i quali fanno presumere che in questa area fosse presente un edificio piuttosto complesso ed articolato legato alla riva orientale del fiume Mazaro'.



Da Mazara a Castelvetrano

Ripercorrendo le testimonianze arabo-normanne in Sicilia non si può non puntare l'attenzione sulle città di Castelvetrano e Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, dove più visibili sono i resti della loro presenza.

Entrambe le località offrono, oltre agli itinerari tradizionali, una suggestiva "via arabo-normanna" che parte dalla chiesa della SS. Trinità di Delia a Castelvetrano e arriva a quella di San Nicolò Reale, detta "Santa Niculicchia", a Mazara, due chiese-simbolo, edificate nello stesso periodo, che presentano analoga struttura.

La "Santissima Trinità di Delia" a Castelvetrano, immersa in una pineta, é una chiesa del XII secolo, restaurata nell'800, sovrastata da una cupoletta rossa. La chiesa si affaccia sul lago Trinità, detto anche Delia. La sua architettura è tipicamente araba con una pianta a croce greca triabsidata. La chiesa oggi è proprietà privata.

Non meno interessanti dal punto di vista artistico sono le chiese di San Giovanni, riaperta da poco, e di San Domenico che venne edificata nel 1470 dalla famiglia Tagliavia. La chiesa di San Domenico è abbellita da insolite decorazioni, risalenti al XVI secolo, in terracotta stuccata e affrescata nel presbiterio. Nella stessa piazza sorge anche la fontana "La Bambocciata" caratterizzata da una esatta riproduzione dei putti del Rutelli, il cui originale é conservato all'ingresso del teatro Selinus di Castelvetrano.

Altrettanto interessante é la chiesa di San Nicolò Reale a Mazara del Vallo. La chiesa presenta analoga struttura architettonica di quella della Trinità di Deli. Collocata al centro di Mazara nel quartiere San Giovanni, é rivolta ad Occidente verso il porto-canale; presenta pianta quadrata triabsidata che risale anch'essa alla seconda metà del XII secolo, ma, a differenza della prima, riporta nella sua struttura dei merli semicircolari, aggiunti successivamente.

Si tratta di un edificio che si presenta come opera architettonica composita nella quale sono evidenti i segni di un'arte senza frontiere. Non a caso la storia dell'architettura normanna in Sicilia si focalizza a Mazara, avendo la massima espressione proprio sia nelle strutture religiose chiese, conventi, monasteri) e nei castelli, come, ad esempio, l'antico rudere risalente al 1097 costruito dove oggi sorge villa Jolanda, in piazza Mokarta. Di non minore importanza é il Duomo normanno, dedicato al SS Salvatore, costruito tra il 1088 e il 1093, decaduto a partire dal 1690 quando venne costruita l'attuale Cattedrale. Dell'antico duomo oggi restano poche vestigia.

Ulteriore testimonianza dell'arte normanna è costituita dal santuario della città, di cui si possono ammirare il crocifisso ligneo del XIII secolo, la raffigurazione di archi in tufo e l'affresco del Cristo Pantocrator. Anche lo stemma municipale, che secondo la tradizione risale al periodo normanno, é considerato tra le più interessanti opere fatte costruire dal Conte Ruggiero.





MOTHIA,

terra dei Fenici

Nella punta nord occidentale della Sicilia, di fronte a Marsala, si sviluppa la cosiddetta Laguna dello Stagnone, un'area marina di grande bellezza le cui isole sono costituite da un alternanza di paludi salmastre, saline, pozze d'acqua dolce, giuncheti, macchie sempre verdi che creano un incantevole scenario naturale con una miriade di colori e tramonti mozzafiato. La Laguna è chiusa ad ovest dall'Isola Lunga e ad est dalla costa siciliana, mentre al centro si trovano l'Isola di San Pantaleo (sede della colonia fenicia di Mothia - Mozia) e le altre due piccole isole di Santa Maria e di Scuola. La vegetazione spontanea e la fauna qui variano in relazione alla distanza dal mare. Lungo le coste, ad esempio, hanno trovato il loro habitat ideale la Posidonia e la Calendula marina, presente esclusivamente nella Sicilia Occidentale. Nelle zone umide invece, trovano il loro rifugio ideale milioni di uccelli in migrazione dall'Africa come gli Aironi cenerini, i Cavalieri d'Italia, le Avocette e i Gheppi.

Fondata dai Fenici nell'VIII secolo a.C., Mothia fu una delle più floride colonie fenicie d'occidente, grazie alla sua posizione geografica vicina all'Africa che la rendeva punto di transito obbligatorio per le rotte commerciali verso la Spagna, la Sardegna e l'Italia Centrale. Oltre alla fiorente attività marinara l'economia si basava su una cospicua attività artistica e artigianale con una massiccia produzione di ceramica, vasellame di terracotta ecc. Anche la produzione industriale aveva il suo peso a cominciare dalla lavorazione e dalla tintura dei tessuti, dalla lavorazione dei metalli come l'argento, l'oro e il ferro. Mothia era circondata da bassi fondali per garantirsi una buona difesa dagli attacchi nemici e offrire un sicuro attracco per le navi. Proprio grazie alla sua posizione l'isola divenne oggetto di interesse da parte di diversi popoli come Greci e Cartaginesi in lotta per il predominio della Sicilia. Nel 397 a.C. fu definitivamente distrutta da Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa che la conquistò costringendo gli abitanti a fuggire per rifugiarsi nella vicina Lylibeo, l'odierna Marsala.

Mothia fu acquistata all'inizio del secolo da Giuseppe Whitaker, archeologo di origini inglesi nato e cresciuto a Palermo. Fu proprio Whitaker a dedicarsi ai primi scavi archeologici e a lui è stato dedicato il museo omonimo che ospita numerosi reperti fenici provenienti dagli scavi archeologici compiuti a Mothia, Birgi e Lilibeo, oggetti recuperati in seguito a lavori agricoli o provenienti da donazioni e da acquisti effettuati sul mercato antiquario. Il museo ospita inoltre, uno splendido gruppo statuario in pietra con due leoni che azzannano un toro, vasi in pasta vitrea policroma di tipo greco e punico e steli funerarie. Nella sala con il lucernario, si trova invece, la famosa statua in marmo bianco del cosiddetto 'Giovinetto di Mothia', rinvenuta nel 1979 nel settore nord-orientale dell'isola. La statua è alta 181 cm e molto probabilmente proviene dall'Asia. Di grande interesse è pure la Casa dei Mosaici, costruita dopo il 397 a.C., che ospita diversi pozzi e forni per la lavorazione della ceramica. I pavimenti presentano pregevoli decorazioni realizzate con ciottoli marini naturali, rappresentanti scene di animali in lotta, fra cui leoni, grifoni ecc. All'esterno della cinta muraria invece, si possono ammirare i resti della Casermetta con pareti costruite con la tipica struttura a telaio. Su alcune pareti sono ancora presenti tracce del rovinoso incendio che la distrusse. Intorno alla seconda metà del VI secolo a.C. Mothia fu dotata di un piccolo porticciolo, il cosiddetto Cothon, che oggi i moziesi chiamano 'la Salinella' perchè ospita una salina medievale. Di forma rettangolare, il porto è collegato al mare mediante un breve canale le cui pareti laterali e il fondo sono interamente lastricati in arenaria. Probabilmente fu utilizzato per il carico e lo scarico delle merci anche se in molti hanno avanzato l'ipotesi che fosse adoperata come bacino di carenaggio.

La parte nord-ovest dell'isola, a ridosso della cinta muraria, ospita il 'Tophet', l'area sacra in cui venivano praticati sacrifici umani di bambini e di animali in onore del dio Baal Hammon e Astarte. Le ceneri sacrificali dei primogeniti maschi erano offerte alla divinità e venivano conservate in vasi rotondi con tanto di dedica al dio Baal Hammon, riguardante il voto fatto. Il Santuario di Cappiddazzu, si trova vicino la Porta Nord, in uno dei luoghi più alti dell'isola ed era un luogo di culto come suggeriscono le numerose buche contenenti ossa di bovini e ovini. Tappa obbligatoria per chi visita Mothia è sicuramente la Necropoli antica datata tra la fine dell'VIII e la metà del VI sec. a.C., caratterizzata da tombe a incinerazione dove sono stati trovati anche diversi corredi funebri costituiti prevalentemente da vasellame di tradizione fenicia o importati dalla Grecia. Sono invece, della seconda metà del VI sec. a.C. i dodici sarcofaghi vicini alla Porta Nord e gli altri sparsi in vari punti della costa per circa mezzo chilometro. Mothia era collegata, mediante una strada sommersa, ad un'altra necropoli, quella di Birgi. Mentre oggi l'isola può raggiungersi esclusivamente via mare, anticamente esisteva una strada, oggi visibile solo quando c'è bassa marea, che da Porta Nord raggiungeva la necropoli di Birgi.





PACECO

Km 6 da Trapani, a m. 39, a sud delle saline di Trapani, sup. 58,4 kmq., Pacecoti, Cap. 91027, tel. 0923. Economia agricola: cereali, olio, ortaggi, vino, e una specialità: il melone giallo, cocumis melo.



Le Saline di Trapani e Paceco

La Riserva Regionale Saline di Trapani e Paceco si estende a Sud di Trapani, dalla periferia del capoluogo fino alla frazione di Salina Grande, a cavallo dei territori comunali di Trapani e Paceco. Istituita con decreto dell'Assessore Regionale al Territorio e Ambiente n.257 dell'11 maggio 1995, è stata affidata in gestione al WWF.

La Riserva si estende su un area di quasi mille ettari includendo nella maggior parte del suo territorio proprietà private, nelle quali piccole e grandi imprese esercitano la millenaria attività della 'coltivazione' del sale.

Le saline sono luoghi di grande fascino, creati dall'uomo a scopo industriale e commerciale ma diventati paradossalmente habitat ideale per diverse specie di animali e vegetali. Il paesaggio è affascinante e anche gli antichi edifici costruiti dall'uomo per l'industria del sale sono parti fondamentali della riserva. La visita è un viaggio tra vasche, canali, mulini, bagli antichi e camminando lungo gli argini, gli unici suoni percepiti appartengono alle onde del mare, al vento e ai richiami dei gabbiani.

Molti visitatori sostengono che in questi luoghi si possa assistere ai tramonti più belli del mondo. Quando la luce colpisce le vasche difatti, il bianco del sale e il celeste del mare si tingono di rosso, arancione e giallo creando una vera e propria tavolozza di colori. Inoltre nella zona una serie di microrganismi primitivi, gli stessi che erano presenti sulla terra miliardi di anni fa quando ebbe origine la vita, danno luogo agli spettacolari cambiamenti di colore che è possibile ammirare durante le varie stagioni.

La salina è un mondo a sé, circondato da strade, strutture industriali, e stretto dal porto di Trapani e dalle villette delle frazioni vicine, ma comunque particolare e bello. E' composta da un insieme di vasche artificiali poste vicino al mare per favorire lo scolo dell'acqua, attraverso canali e livelli. L'ambiente è ovviamente salato e ospita associazioni vegetali che si sono adattate a queste condizioni di vita estreme come le salicornie e i limonio. Le saline sono il regno delle chenopodiacee, specie erbacee o piccoli arbusti, che nella loro varietà (salicornia, arthrocnemum, halopeplis, halocnemum, suaeda, salsola, atriplex, halimione, beta) hanno colonizzato soprattutto gli argini delle vasche e i pantani salmastri. Molte di queste piante hanno foglie grasse, dove viene accumulata l'acqua e da cui vengono espulsi i sali in eccesso. Nella Riserva sono presenti numerosi ambienti a ciascuno dei quali corrispondono differenti specie vegetali: i corsi d'acqua dolce, i pantani, le zone umide di acqua dolce, le spiagge, i praticelli, le praterie salmastre. Nei canali sono presenti interessanti comunità vegetali come le fanerogame marine, le ruppia drepanensis e la posidonia oceanica. Notevole la presenza di diverse specie vegetali rare, incluse tra quelle più vulnerabili al rischio di estinzione nel 'Libro Rosso delle Piante d'Italia'. Tra le specie caratteristiche si incontra l'endemica calendula maritima che cresce solo nella zona costiera compresa tra lo Stagnone di Marsala e la zona di Pizzolungo, appena a Nord di Trapani. Una vera attrazione della Riserva è il cosiddetto 'Fungo di Malta', che in realtà non è altro che una rara pianta parassita (Cynomorium coccineum L.). In Italia, oltre alla zona fra Trapani e Marsala, è possibile osservarla solo in poche aree costiere della Sardegna e della Basilicata.

I bacini utilizzati per l'estrazione del sale ospitano una grande diversità biologica, dai microscopici batteri a una grande varietà di uccelli che trovano in questo ambiente sosta e cibo durante le migrazioni autunnali e primaverili. La zona risulta essere di particolare interesse ornitologico. Le specie censite sono circa 196 e tra queste ricordiamo i limicoli, gli aironi, i gabbiani, i fenicotteri, le spatole, i falchi di palude e più di 5.000 anatre che trovano rifugio nelle vasche. Di grande valore la presenza e la nidificazione del fraticello, dell'avocetta, della cutrettola, del cavaliere d'Italia e del fratino. Numerosi anche gli insetti come la piccola farfalla Orgya dubia, che in Italia è presente soltanto qui. Più scarsi i mammiferi come la volpe, il riccio, il coniglio, la donnola e il pipistrello che attendono le ombre del crepuscolo per muoversi. Tra i rettili ci sono ramarri cervoni, i biacchi e le lucertole siciliane e campestri mentre tra gli anfibi, il discoglosso dipinto che si osserva nelle notti di pioggia e le rane verdi. Tra i pesci è presente Aphanius fasciatus e il piccolo crostaceo Artemia salina oggetto di grande interesse scientifico.

La Riserva ospita inoltre un Centro visite e il Museo del Sale che espone attrezzature tipiche dell'attività tradizionale di silicoltura e pannelli che illustrano il funzionamento delle saline e alcuni aspetti naturalistici. Il Museo del Sale ha origini recenti e infatti fu inaugurato nel 1986 grazie all'iniziativa della prof. Francesca Pellegrino, che in visita d'istruzione con le sue classi nella riserva, restò incantata da una vecchia casa del sale vicino alla salina di Chiusicella di proprietà della famiglia Culcasi. La professoressa propose al proprietario la creazione di un museo che riproponesse le tradizioni salinare. La vecchia casa fu ristrutturata e arredata con gli strumenti tipici del mestiere del salinaro: pale, mazze, ceste, corde, carriole. Il Museo si può visitare tutto l'anno, occorre ricordare però che il ciclo del sale inizia a marzo e si conclude a settembre. Le raccolte avvengono a giugno, agosto e settembre.





PANTELLERIA

Isola nel mare Mediterraneo. L'abitato è comune della provincia di Trapani, latitudine N 36 50' E 0 31' (meridiano m. Mario), 102 km. dalla Sicilia, sup. 83 kmq., periplo 51,5 km, 40 km di strade provinciali e 138 comunali; a massima m. 836 (montagna Grande), a m. 5 dell'abitato principale, Panteschi, Cap. 91017, tel. 0923.Economia: agricoltura (vigneti e vini, capperi), turismo.



La storia e il tempo

Hiranim per i fenici, Bent el Rhia, isola del vento, per gli arabi. Pantelleria ha cambiato denominazioni, oltre ai dominanti, per diverse volte nella sua lunga storia di crocevia del Mediterraneo. Per i romani fu Cossyra, la piccola; Polibio la racconta come luogo di esilio per grossi personaggi della nobiltà romana e le vecchie case contadine dell'isola vengono tuttora chiamate dammusi, eredità silenziosa delle domus romane.

Lontananza, esilio convivono con le frettolose nuvole in viaggio sopra l'isola centro geometrico del Canale di Sicilia, a 70 chilometri da capo Mustafà in Tunisia, che conserva tuttora vive le tracce della storia che l'ha attraversata. L'archeologo Paolo Orsi, a cui è oggi intitolato il Museo Archeologico siracusano, trascorse gli ultimi mesi del 1894 per raccogliere la più completa rassegna di dati sul misterioso popolo neolitico di Pantelleria che disseminò l'isola di nere cupole vulcaniche. Sono i cosiddetti sesi, monumenti preistorici, probabilmente adoperate come tombe e luoghi di divinazione, che sorgono tra capo Fram e Marina degli Scuvacchi. Macine puniche, avelli scavati nella roccia vitrea, cisterne antichissime e sepolcri che l'archeologia ufficiale non ha neppure identificato: sono incontri che si susseguono camminando lontano dalla vita delle coste, nelle contrade più interne, tra capperi e macchia mediterranea.

Dove le colture si fermano flora spontanea ed endemismi ritornano padroni: eriche giganti, ginepri, corbezzoli, ginestre e mirti formano quella che è, per molti naturalisti, una delle macchie mediterranee meglio conservate. Sugli 83 chilometri quadrati che formano l'isola vigila, assediato da pini d'Aleppo e lecci, la Montagna Grande: 836 metri di nera lava vulcanica, ciò che rimane della originaria caldera. L'estate ingiallisce lo spettacolo, ma la salita alla Montagna Grande è un percorso unico in primavera quando eriche, mirti, e rosmarino fioriscono e pennuti migratori arrivano per riposarsi, tra un oceano e l'altro. Fenicotteri, folaghe, svassi che popolano gli anfratti vulcanici più lontani dalle coste insieme alle upupe e alle poiane fanno infatti di Pantelleria un vero paradiso per i birdwatcher.

Per scoprire i sesi persi nella macchia e il passaggio timido degli uccelli migratori, quello dei passi è certamente il ritmo migliore.



La salita alla Montagna Grande

L'itinerario che vi proponiamo parte da Ruchìa, poco distante dall'aeroporto, e tra gli appezzamenti di viti basse si inerpica verso la contrada di San Vito prima e Cufirà poi. Salendo si susseguono dammusi, alcuni con cortili fioriti e pendolini (pomodorini) a seccare sulle pertiche, altri semi abbandonati nella bruna arsura vulcanica. Incontriamo sul cammino le prime case di Sibà e la piccola chiesetta bianca della Madonna del Rosario: inizia ora la salita vera e propria che si inerpica, tra pini e vecchi crateri, fino agli 830 metri della Montagna Grande: sotto un orizzonte sconfinato a confondere cielo e mare. L'isola, in basso, appare terrazzata da decenni di lavoro contadino che ha tentato di rubare alla terra nerastra almeno il sostentamento. A racchiudere le terrazze un mare blu come pochi, a ricordarci l'altra anima di Pantelleria, quella marinara. Per l'itinerario alla Montagna Grande occorrono circa quattro ore ed è consigliabile evitare le ore più calde della giornata.

A Pantelleria fateci almeno una piccola vacanza, e, se l'avete amata come chi scrive, tornateci d'inverno...

Nei mesi di dicembre e gennaio i panteschi (questo è il nome degli abitanti dell'isola) vanno in vacanza.

Per chi può godersi tutto l'anno il mare e il sole, l'inverno può essere il momento giusto per allontanarsi.

Per tutti gli altri invece è il momento migliore per visitare l'isola in tutta tranquillità, senza imbattersi in frotte di turisti.

A Pantelleria, grazie alla sua posizione nel cuore del Mediterraneo a poca distanza dall'Africa, il clima non è mai troppo rigido, e la sua conformazione vulcanica consente di fare il bagno in alcune pozze di acqua bollente anche nei mesi più freddi.

Non lontano dal paesino di Pantelleria si trova Lo Specchio di Venere, un bacino lacustre in cui, secondo la mitologia, si specchiava la bella dea greca. Il lago è ricco di sorgenti termali con una temperatura variabile tra i 40 e i 50 gradi, dove è possibile immergersi e stare a mollo nei fanghi terapeutici.

Nella zona di Nicà invece, nei pressi di un'antichissima cava di ossidiana, le sorgenti arrivano quasi a 100 gradi.

A Punta Gadir, sulla costa nord, ci sono le Caldarelle, piccole vasche scavate nella roccia: la loro acqua dolce, ricca di sali minerali, viene utilizzata fin dall'antichità per curare artrosi e reumatismi.

Nell'interno infine esistono delle grotte sature di vapori bollenti utilizzabili per vere e proprie saune, le buvire.



L'Arco dell'Elefante, le bellezze naturali

Anche d'inverno Pantelleria offre paesaggi mozzafiato. La costa è ricca di faraglioni, insenature e piccole calette, perfette per passeggiate o gite in barca.

A Cala Levante c'è l'Arco dell'Elefante, un'enorme roccia sul mare a forma di pachiderma coricato con la proboscide in acqua.

Le pareti dell'arco, raggiungibili sia via terra sia via mare, sono coperte di vegetazione. Molto spettacolare è anche la Balata dei Turchi, dietro l'isola, dove sbarcavano i pirati.

Lasciando la costa e inoltrandosi nel cuore dell'isola invece si raggiunge il Parco Naturale della Montagna Grande.

Gli arabi la chiamavano sciaghibir, che vuol dire grandiosa, meravigliosa e la consideravano un luogo sacro perché consentiva di innalzarsi verso Allah.

Il monte oggi, con i suoi 836 metri, rappresenta il punto più alto del Mediterraneo centrale.







PARTANNA

Km 58 da Trapani, a m. 414, sullo spartiacque tra i fiumi Belice a O e a Modione a Est, alle pendici meridionali del Cozzo Rizzo, sup. 82,4 kmq., Partannesi, Cap. 91028, tel. 0924. Economia: agricoltura (uva da vino, olive. arance); piccola industria (coloridfici, bibite analcoliche, cantine sociali).







PETROSINO

Km 41 da Trapani, a m. 16, a breve distanza dalle coste del mar d'Africa, sup. 45 kmq., Petrosiniani, Cap. 91020, tel. 0923. Economia: agricoltura (frutta, ortaggi, uva da vino), cantine sociali.







POGGIOREALE

Km 65 da trapani, a m. 250, nell'alta valle del Belice, nei pressi del monte Castellazzo, sup. 37,5 kmq., Poggiorealesi, Cap. 91020, tel. 0924. Economia agricola.







SALAPARUTA

Km 71 da Trapani, a m. 200, nella valle dell'alto Belice, alle pendici S del monte Porcello, Salaparutani o Salitani, Cap. 91020, tel. 0924. Economia agricola.







SALEMI

Km 37 da Trapani, a m. 446, nella regione collinare tra i fiumi Delia a Mercanzotto, sup. 181,8 kmq., Salemitani, Cap. 91018, tel. 0924. Economia: agricoltura, artigianato del legno e del ricamo.







SAN VITO LO CAPO

Km 39 da Trapani, a m. 6, in una piccola baia a ridosso del monte Monaco, tra il capo omonimo e punta Solanto, sup. 59,7 kmq., Sanvitesi, Cap. 91010, tel. 0923. Economia: pesca, estrazione e lavorazione di marmi, turismo estivo.

Una delle prossime novità del Comune di San Vito Lo Capo, finalizzato alla valorizzazione ed al recupero del patrimonio artistico ed ambientale, è il percorso ciclo-pedonale che si snoda attraverso una delle più belle coste della Sicilia.

Il progetto era stato presentato nel lontano novembre del 1988 ma solamente a marzo del 1999 risale l'approvazione della variante allo strumento urbanistico.

Poi, una lunga serie di tira e molla avevano fatto naufragare il piano di lavoro fino all'attuale "approdo in porto".

L'intento è comunque quello di collegare il nucleo urbano ai siti archeologici ed ambientali.

Due i percorsi presi in considerazione: il primo è quello che è quello che dalle Cave va al Bue Marino per spostarsi poi nella contrada Magari e terminare il suo tragitto nella zona di Castelluzzo; il secondo quello che si snoda dalle famose Grotte di San Vito ai vari ordini di terrazzamenti naturali che portano fino al Bue Marino per concludere il suo tragitto a Calamancina.

Ovviamente non sono state dimenticate tappe come la ormai famosissima Tonnara di San Vito o la riserva dello Zingaro.









SANTA NINFA

Km 50 da Trapani, a m. 410, sui rilievi collinari tra i fiumi Belice e Modione, sup. 64 kmq., Santaninfesi, Cap. 91029, tel. 0924. Economia: agricola.



La Grotta di Santa Ninfa

La Riserva Naturale Integrale "Grotta di Santa Ninfa", affidata in gestione a Legambiente, è stata istituita nel 1996 per la protezione e la valorizzazione di un suggestivo ambiente carsico, di elevato interesse speleologico, geomorfologico e naturalistico.

L'area della riserva, ricadente nei territori comunali di Santa Ninfa e di Gibellina, in provincia di Trapani, si trova su un altopiano di natura gessosa, caratterizzato dalla presenza di numerose cavità sotterranee.

La riserva naturale comprende la grotta di maggiore estensione ed interesse (zona A di protezione integrale) e parte del suo bacino di alimentazione, esteso per circa 150 ettari e denominato Biviere (zona B di preriserva).



La grotta

E' costituita da una cavità prevalentemente orizzontale, estesa per circa 1400 m, che rappresenta un ambiente di grande interesse speleologico per la presenza di un complesso sistema di meandri e gallerie, un tempo completamente invasi dall'acqua; il ramo superiore fossile é ormai asciutto, mentre in quello inferiore scorre ancora il corso d'acqua proveniente dal Biviere. La cavità termina in uno stretto sifone, non percorribile dall'uomo, che il torrente attraversa per riemergere a valle dell'ingresso della grotta, dando origine alla risorgenza.

La grotta è caratterizzata da splendide concrezioni, come cortine, stalattiti, infiorescenze parietali, pisoliti (perle di grotta).

L'elevato valore naturalistico della grotta di Santa Ninfa è legato inoltre alla presenza di una interessante fauna cavernicola, adattata a vivere in assenza di luce e in ambienti con elevato tasso di umidità.



Gli itinerari

La necropoli

Nell'area di riserva è inoltre presente una necropoli di origine protostorica, costituita da una trentina di nicchie scavate nei gessi di Monte Finestrelle, testimonianza della fiorente civiltà degli Elimi che dominava l'intero comprensorio.

Nelle vicinanze dell'area protetta si trova il Castello di Rampinzeri, antico feudo risalente al 1600, in cui è possibile ammirare l'antico frantoio e i resti di una cappella in stile neogotico.

Il Biviere: paesaggio e forme carsiche

Il paesaggio naturale dei gessi di Santa Ninfa, modellato nel corso del tempo dalle precipitazioni atmosferiche, é caratterizzato dalla presenza di fenomeni carsici sia sotterranei (grotte) che superficiali (doline, inghiottitoi, valli cieche); sugli affioramenti gessosi é possibile ammirare suggestive formazioni, costituite da solchi (karren) e vaschette di corrosione, che hanno modificato l'aspetto originario delle rocce.



Il torrente del Biviere

Alimenta la grotta e nasce su terreni argillosi alle pendici di M. Finestrelle (sito di una necropoli paleocristiana), scorre in una piccola forra in corrispondenza dell'affioramento gessoso e termina il suo corso superficiale in una grande valle cieca occupata da vigneti. Nelle ripide pareti di gesso che chiudono la valle é situato l'inghiottitoio, un imbuto naturale in cui si gettano le acque formando il piccolo fiume sotterraneo che attraversa la grotta.



Il Biviere: flora e fauna

Nell'area del Biviere, un tempo ricoperta in gran parte da boschi mediterranei, oggi dominano i coltivi e i rimboschimenti. Tuttavia sulle aree collinari e sulle pareti gessose sopravvivono ancora lembi di macchia mediterranea, caratterizzata dalle fioriture dell'euforbia arborea, del timo e delle orchidee selvatiche; nei valloni è presente una rigogliosa vegetazione ripariale, di grande interesse per l'elevata diversità della flora. Sono state ritrovate inoltre diverse specie endemiche, caratteristiche dei substrati gessosi.

La fauna comprende il riccio, l'endemico toporagno di Sicilia, il coniglio, l'istrice, la donnola, la volpe. Fra gli uccelli sono ben rappresentati la poiana e il piccolo gheppio, caratteristico per la posizione a "spirito santo" assunta durante la caccia, l'usignolo, la ghiandaia.

E' di grande interesse fra gli anfibi la presenza del discoglosso, simile ad una rana e vivente solo nel Mediterraneo occidentale.



La visita

La riserva ha la sua sede a Santa Ninfa (TP), aperta tutti i giorni per l'accoglienza dei visitatori. La sede dispone di una sala video e di una biblioteca naturalistica, in cui è possibile consultare e visionare materiale didattico e divulgativo sulla riserva e su tematiche ambientali.

L'ente gestore della riserva organizza visite guidate sia in grotta che nel territorio, attraverso i sentieri che permettono di scoprire gli aspetti più interessanti dell'area protetta (gli affioramenti di gesso e le forma carsiche, l'invaso Biviere, la grande conca in cui è situato l'inghiottitoio, la necropoli, il bosco). La prenotazione delle visite è obbligatoria, il servizio è gratuito.

Confinanti con l'area protetta sono il Museo agroforestale di Finestrelle, ricco di strumenti della civiltà contadina e di reperti archeologici provenienti dalla vicina necropoli, e l'area attrezzata. Gestiti dall'Ispettorato Dipartimentale delle Foreste di Trapani, sono entrambi sono aperti tutto il giorno dalle 9:00 alle 16:00.

La riserva é raggiungibile dall'autostrada Palermo-Mazara del Vallo, uscendo dallo svincolo di Salemi e seguendo la statale 188 in direzione Santa Ninfa.



INFO

R.N.I. Grotta di Santa Ninfa

via Sant'Anna 101- 91029 Santa Ninfa (TP) tel/fax 0924-62376

Legambiente Comitato Regionale Siciliano (Ente Gestore)

via Genova 7 - Palermo tel/fax 091-6111735





SEGESTA

Il Parco Archeologico di Segesta

In una spendida posizione, tra dolci colline dal colore rosso bruno che contrastano con le varie tonalità di verde del paesaggio circostante, in territorio di Calatafimi Segesta, si trova il Parco Archeologico di Segesta.

La cittadella molto probabilmente fu fondata dagli Elimi, antico popolo della Sicilia occidentale. La leggenda narra che gli Elimi fossero discendenti dei profughi scampati alla guerra di ***** giunti in questi luoghi guidati dal mitico Enea. Prima di approdare nel Lazio e fondare Roma infatti il principe troiano lasciò qui una cospicua colonia di suoi concittadini, tra i quali il vecchio padre Anchise. In breve tempo Segesta divenne una delle principali città ellenizzate del bacino del mediterraneo e nel V secolo la più grande rivale di Selinunte.

Per sconfiggere la rivale, che spesso violava il suo territorio, Segesta inizialmente chiese aiuto ad Atene che fu lieta di intervenire e poi a Cartagine, tradizionale alleata delle città elimo-puniche, mentre Selinunte si rivolse a Siracusa, ad Agrigento e a Gela. Nel 409 a.C. i Cartaginesi, giunti in Sicilia, rasero al suolo Selinunte ed Himera. Segesta venne a sua volta distrutta dal siracusano Agatocle nel 307 a.C, e rinacque con i Romani che in nome delle comuni origini troiane la esentarono dal pagamento di tributi e le diedero una certa autonomia politica e di controllo territoriale.

Non si sa nulla della città nel periodo successivo anche se si presume sia stata abitata durante il Medioevo come testimoniano i resti del Castello Normanno ed una piccola basilica nella zona nord dell'antica Acropoli. Quest'ultima occupa la sommità del monte Barbaro ed è costituita da due zone divise da un valico montano: la zona sud-est residenziale e la zona nord dove anticamente sorgevano moltissimi edifici pubblici tra cui anche il teatro. La cittadella godeva di una posizione strategica naturalmente difesa da ripide pareti rocciose sui lati est e sud, mentre il versante meno protetto era munito, in età classica, di una cinta muraria provvista di porte monumentali, sostituita durante l'età imperiale da una seconda linea di mura ad una quota superiore. L'Acropoli, famosa in tutto il mondo per il teatro greco e il tempio dorico, si sta arricchendo di altri nuovi elementi venuti fuori attraverso gli ultimi scavi. Fuori dalle mura infatti, sono stati rinvenuti due importanti luoghi sacri: un tempio di tipo dorico risalente al 430-420 a.C., il santuario di Contrada Mango (VI-V sec. a.C.) e una necropoli ellenistica.

L'urbanistica di Segesta è ancora in corso d'indagine: sono segnalati alcuni probabili tracciati viari, l'area dell'agorà e alcune abitazioni. Sull'acropoli Nord, dove si trova il teatro, sono visibili i resti più recenti di Segesta risalenti a epoca medioevale: il castello, la moschea e la chiesa fondata nel 1442.

Il tempio è uno dei monumenti meglio conservati giuntici dall'antichità. Questo sorge su un poggio circondato da un profondo vallone incorniciato da Monte Bernardo e Monte Barbaro. Eretto nel 430 a.C., il tempio è un elegante edificio dorico, un peristilio che ha conservato intatte le 36 colonne in calcare e prive di scanalature. Queste sono adagiate su un basamento di tre gradini e sovrastate da un architrave, un fregio e da bassi timpani. La mancanza di una cella interna destinata al culto ha fatto supporre che la costruzione del tempio fosse stata interrotta nel 409 a.C., all'epoca della soggezione politica della città a Cartagine. A questa teoria si contrappone un'altra ipotesi secondo la quale l'assenza di ogni traccia della cella interna, testimonierebbe che l'edificio è in realtà un semplice recinto sacro a cielo aperto destinato a circondare uno spiazzo erboso che probabilmente ospitava un altare sacrificale per un culto non greco. A questo si aggiunge il mistero della sua destinazione, visto che non è stato ritrovato alcun elemento che possa indicare a quale divinità fosse dedicato.

Dal tempio si può arrivare al teatro attraversando un'ampia zona dove restano pochi relitti delle fortificazioni, con segni di porte fortificate e di cortine murarie. Sorto tra la fine del III e l'inizio del II secolo a.C. a 400 metri di altezza, il teatro di Segesta è adagiato sulle pendici settentrionali dell'acropoli nord di Monte Barbaro per far godere agli spettatori l'incantevole visione delle colline e del mare di Castelvetrano. Un'altra teoria sostiene che, nel luogo in cui oggi sorge il teatro, esistesse precedentemente una grotta contenente materiale dell'età del bronzo (10 sec. a.c.). Questa, di cui sono stati trovati i resti sotto la cavea, sarebbe stata inglobata nella costruzione. I gradini del teatro sono una ventina scavati nella viva roccia e si dividono in sette cunei. La cavea è in parte scavata nei fianchi del colle ed in parte sostenuta da un possente muro di contenimento, in blocchi di calcare locale. La parte alta della cavea, oggi perduta, era cinta da un poderoso muro perimetrale. La larghezza totale del teatro è di 63 mt. È ovvio che le maestranze e gli ideatori del teatro di Segesta erano di ambiente ellenico data la canonicità del progetto.

Durante la stagione estiva il teatro ospita manifestazioni teatrali di importanza nazionale e internazionale. Poco distante dal tempio, in contrada Mango, si trovano i ruderi di un antico santuario costruito alla fine del V sec. a.C. L'edificio seguì le vicissitudini della città non subendo però, alcuna distruzione vistosa. All'interno furono inseriti due templi dorici risalenti al VI e al V sec. a. C. Il santuario era collegato alla città tramite due strade scavate nella roccia e lungo una di queste sono state rinvenute piccole edicole sacre. E' situato fuori le mura e fu edificato da maestranze e i progettisti Greci. E' di proporzioni notevoli. Un muro racchiude una vasta area entro la quale dovevano esistere più edifici di cui restano numerosi elementi architettonici quali capitelli, colonne etc. Sempre pertinenti la città ellenistico-romana sono l’agorà ed un edificio abitativo di grande pregio definito la ''casa del navarca'' per le decorazioni a prora di nave scolpite sui fianchi di un elegante





SCOPELLO

Alla tonnara di Scopello, esempio eccelso di archeologia industriale

Scopello (TP) è un bellissimo borgo marinaro sorto attorno ad un baglio settecentesco che si affaccia sulla piazza centrale del paese. Dalle limpide acque del suo mare, si elevano irti e ricoperti di vegetazione i Faraglioni, proprio di fronte alla splendida insenatura dove si trova l'omonima tonnara. Quest'ultima è sovrastata, in un bellissimo scenario di mare e rocce, da due torri, una ubicata su un piccolo promontorio, risalente alla fine del 1500 e progettata dall'ingegnere fiorentino Camillo Camilliani, l'altra, duecentesca, di cui rimangono pochi ruderi, abbarbicata ad un'aspra roccia. Inutilizzata ormai da diversi anni, la tonnara è testimonianza di un'attività un tempo fiorente che ha origini molto antiche. Nel territorio di Scopello infatti, sorgeva la mitica città di Cetaria, citata nelle opere del geografo greco Tolomeo e dello scrittore latino Plinio per l'eccezionale abbondanza di tonni esistente nel suo mare. Furono gli arabi che chiamarono quel sito Iscubul e ristrutturarono la tonnara, una volta distrutta la città di Cetaria.

Il primo documento in cui la tonnara viene ufficialmente citata però, risale al XV secolo. Nel 1560 divenne proprietà dei Gesuiti, ma dopo il decreto del 17 giugno del 1860 di Giuseppe Garibaldi che sciolse il suddetto ordine, tornò di proprietà del Demanio del nuovo Regno di Italia. Venne venduta in un asta pubblica ad un certo F. Incagnone nel 1874.

Oggi è di proprietà degli eredi Florio ma, come abbiamo già detto, non è più in attività perché la pesca del tonno in questa zona non è più economicamente vantaggiosa ma rimane pur sempre un mirabile esempio di archeologia industriale. Tutto infatti, è rimasto efficiente come un tempo dal complesso ai magazzini, al baglio ed alle abitazioni, alle barche ed alle reti. Queste ultime venivano ancorate ad una profondità di 34 canne, cioè circa 58 metri.

La mattanza iniziava ad Aprile e terminava il giorno di S.Pietro cioè il 29 Giugno. Nel Golfo di Castellammare esistevano ben quattro tonnare che ai tempi davano lavoro a circa 300 operai. Ogni anno venivano pescati in media 6 mila tonni.

La tonnara di Scopello, come quella di Castellammare, era una tonnara di "corsu" o "tunnara a lu ddrittu", in quanto aveva come scopo di catturare i tonni provenienti da levante che, nei mesi di Aprile-Giugno, procedevano lungo la costa per depositare le uova. Le tonnare di "ritornu" invece, pescavano nei mesi di Luglio e Agosto, quando i tonni avevano già deposto le uova. Un complesso di reti sbarravano, in posti precisi della costa il passaggio ai tonni che in quelle acque arrivavano per depositare le uova e riprodursi. In tale sbarramento si potevano distinguere due parti: la "cura" (coda) o costa o pedale e "l'isula". Il primo aveva una lunghezza di 1200 metri circa ed era posto in direzione nord, nord.est perpendicolarmente all'isola. I tonni così risalivano le reti del "pedale" fino all'"isola", dove entravano nella "bocca", un apposita apertura dalla quale passavano da una "camera" all'altra fino ad arrivare in quella dove avveniva la "mattanza" cioè l'uccisione. Man mano che i tonni procedevano nelle varie "camere", la loro presenza veniva segnalata dai marinai di guardia e dalle vibrazioni di apposite lenze verticali. Arrivati nella "camera della morte" i marinai iniziavano a sollevare il "coppo" cioè la grande rete di fondo. I tonni spinti così, in superficie dal graduale alzarsi della rete di fondo e intrappolati venivano agganciati dai marinai provvisti di "uncini", arpioni e "crocchi" e issati a bordo delle barche dove morivano asfissiati.

A giuidare la mattanza era il rais e i marinai durante le varie fasi della pesca intonavano dei canti detti "cialome", con lo scopo di sincronizzare i movimenti collettivi ed accrescere la loro resistenza alla fatica.









TRAPANI

Capoluogo di Provincia, si estende su una pianura, lungo il litorale tirrenico, a ovest di Palermo. Sup.271,92 Kmq, altitudine 3 m. Trapanesi. Cap. 91100. Prefisso telefonico 0923. Frazioni: Borgo Fazio, Fontanasalsa, Fulgatore, Guarrato, Locogrande, Marausa, Rilievo, Salinagrande, Ummari, Xitta.



Un itinerario affascinante e facile lungo la via delle saline

Un passo dopo l’altro. Intorno l’ambiente, che passo dopo passo diventa noi stessi.

Chiunque, giunto a Trapani, si dirige dalla zona del porto verso Marsala, noterà una moltitudine di bianchissimi cumuli di sale che si alternano ad una scacchiera di regolari specchi d'acqua di varie gradazioni cromatiche: è il paesaggio, unico, delle saline. Salvate dal degrado e dall'abbandono grazie alla recente trasformazione in riserva naturale le saline di Trapani e Paceco, oltre al loro grande valore storico e paesaggistico, ricoprono un'importanza naturalistica non indifferente. Infatti questo straordinario ambiente, apparentemente inospitale e monotono, è ricco di sorprese che incuriosiranno anche il visitatore più distratto.

Oltre alle interessanti presenze della flora alofila (dal greco amica del sale), non mancheranno piacevoli incontri con numerose specie di uccelli acquatici che, nelle acque delle saline trovano abbondante nutrimento. Specialmente nei mesi invernali e nei periodi di passo, le saline si trasformano in veri e propri serbatoi ornitologici: dai più comuni gabbiani alle migliaia di anatre e di limicoli. Con un pizzico di fortuna, si potranno ammirare rare specie come l'avocetta ed il fenicottero rosa che qui trova di che nutrirsi grazie all'abbondanza, in queste acque, di artemia salina, un microcrostaceo unico componente della dieta di questa elegantissima creatura.

Percorrendo da Trapani la SP. 21 in direzione Marsala si segue l'indicazione turistica per il mulino Maria Stella. Parcheggiata l'auto, ci si incammina lungo un sentiero che sulla destra fiancheggia la salina Paceco e sulla sinistra il torrente Baiata seguendo l'argine sino alla prossimità della foce.

Da lì, costeggiando il mare aperto, attraverso un paesaggio straordinario fatto di pittoreschi mulini a vento ormai abbandonati e montagne di sale coperte da tegole in terracotta, si raggiunge la torre Nubia ed il Museo delle Saline. Quest'ultimo, ospitato all'interno dei settecenteschi edifici della salina Culcasi è ricco di reperti e testimonianze del passato e del presente ed inoltre offre, su prenotazione, la possibilità di pranzi per piccoli gruppi.

Dopo la visita delle saline si raggiunge Erice, straordinario abitato medievale, che sorge in cima al monte omonimo e che domina, dall'alto dei suoi 756 s.l.m., tutta la città di Trapani. Erice, dalle origini antichissime, nacque inizialmente come fortezza costruita attorno al Tempio di Venere su cui ora sorge l'omonimo castello. Il principale motivo di interesse è senz'altro l'impianto urbano di Erice, caratterizzato da strette viuzze e piccole piazze disposte all'interno di un perimetro triangolare tra i più singolari della Sicilia.

Seguendo da Erice le indicazioni per San Matteo si giunge all'interessantissimo Museo Agroforestale allestito all'interno di un'antica masseria immersa nel verde. Vi sono conservati svariati esemplari della fauna e della flora locali, un ricco erbario e numerosi attrezzi contadini di interesse etnografico

INFO: Tel. 0923/869532





VALDERICE

Km 10 da trapani, a m. 240, sulle pendici orientali del monte San Giuliano, sup. 53 kmq., Valdericini, Cap. 91019, tel. 0923. Economia: agricoltura, industria (vini, marmi).



VITA

Km 40 da Trapani, a m. 495, alle falde SE del monte San Giuseppe, sup. 8,9 kmq., Vitesi, Cap. 91010, tel. 0924. Economia: agricola.





In giro per la Sicilia

Le vie del vino appassionano turisti ed intenditori locali e stranieri.

Grazie agli itinerari proposti dalle aziende del settore è ormai possibile effettuare delle visite guidate tra cultura e tradizioni culinarie

Ad esempio l'iniziativa "Strada del vino Marsala - Terre d'Occidente" prevede cinque itinerari tra storia, archeologia e gastronomia: uno nel centro storico, uno sul Lungomare e gli altri in direzione delle saline, dei comuni di Salemi e di Mazara.

Una gigantografia indica i percorsi lungo cui si snoda la "strada", le tappe delle aziende che hanno aderito all'iniziativa e alcune notizie utili per turisti e visitatori.

Ampio spazio, naturalmente per la storia e l'archeologia, il vino, la gastronomia, l'artigianato e i bagli che costituiscono i maggiori richiami del territorio quali testimonianze dell'influenza inglese nella primordiale economia agro-vinicola marsalese.

Il percorso, che sarà racchiuso in una guida di prossima pubblicazione, indica le peculiarità del territorio marsalese e propone, a quanti prediligono questo tipo di turismo, itinerari molto suggestivi e visite guidate che portano alla scoperta di curiosità e attrattive piccole e grandi.

Recentemente è stato inaugurato un itinerario Doc, la prima strada del vino isolana, intitolata al Bianco d'Alcamo Doc, un itinerario che coniuga interessi diversi e percorrerlo diventa l'occasione per conoscere non solo gli aspetti enogastronomici del territorio, ma anche quelli storici, e archeologici, nonché paesaggistici come l'ambiente naturale alle spalle del Golfo di Castellammare. La zona esclusiva per la produzione è quella intorno ad Alcamo.

Si tratta di uno dei vini più antichi e pregiati della nostra regione; lo dimostra il fatto che già nel Cinquecento veniva citato dal sommelier vaticano che lo consigliava per i pasti del pontefice. Quest'itinerario che lega cantine, enoteche, bar, ristoranti, produttori di alimenti tipici, è stata realizzato grazie alla collaborazione di oltre trenta aziende, pubbliche e private, che si sono costituite in associazione proprio per favorire lo sviluppo turistico del territorio, attraverso il suo prodotto di punta.

Molte, com'è ovvio, le possibilità di degustare il vino: partendo da Alcamo ci si può dirigere, ad esempio, verso Sud: lungo la provinciale in direzione di Camporeale, si potrà sostare presso le cantine Vesco e Perciata. Nell'intera zona, si possono ammirare gli antichi bagli dalla caratteristica struttura quadrangolare con cortile al centro, che, un tempo, erano il fulcro delle attività agricole, ora in parte recuperati per la realizzazione di strutture agrituristiche.

Un esempio di restauro ben riuscito si può osservare a Manostalla (Balestrate) dove nell'omonima fattoria vengono ospitati i turisti. Questo itinerario consente anche di fare una puntata nell'area archeologica di Segesta, di rilassarsi facendo bagni termali nei due piccoli stabilimenti Gorga e Terme Segestane, e di visitare uno dei pochi angoli incontaminati della Sicilia, la riserva costiera dello Zingaro. Maggiori dettagli e la cartina con l'intero itinerario e l'elenco delle strutture associate si possono richiedere alla sede dell'associazione presso il Comune di Alcamo (tel. 0924 590265).

Ad una visita all'area archeologica di Segesta si può, inoltre, abbinare una degustazione di vini tipici siciliani (i vini in degustazione sono il Baglio Rosso, un Nero d'Avola e Calabrese prodotto da vitigni di Calatafimi, Vita e Salemi; il Solario, un bianco tutto Trapanese e il Lerico; il bianco Alcamo doc) alle antiche cantine Marzuko, allo scalo ferroviario di Calatafimi (a pochi chilometri da Segesta).







DISCOTECHE

Discoteca Eclisse - Marsala Piazza Piemonte Lombardo 9 - 0923 952863



Discoteca Al Fayer - Castell. del Golfo - 0923 31200



Discoteca Extasy - Mazara del Vallo - 0923 942298



Discoteca Luxuria - Castellammare del Golfo - 0924 35241



Discoteca Mille Stelle - Marsala - 0932 961456



Discoteca Narix - Mazara del Vallo - 0923 907728



Discoteca New Kennedy - Alcamo - 0924 597557



Discoteca Nirvana - Castelvetrano - 333 5711375



Discoteca Octopus - Marsala - 0923 713020



Discoteca Oxidiana - Pantelleria - 0923 918218



ANTICA TONNARA

C.da Magazzinazzi, 809 - Alcamo Marina

91011 Alcamo

(+39) 0924 597557



ALTER EGO

Via Ten. P. De Blasi, 4

91011 Alcamo

(+39) 0924 507207







PUB



PEPPER JAM

Via Bino Napoli, 85

91010 San Vito Lo Capo

(+39) 0923 972795



GAMBRINUS

Via Savoia, 12

91010 San Vito Lo Capo

(+39) 0923 972225



IRISH PUB

Via Palermo, 94

Trapani

0923 552424







RISTORANTI



RISTORANTE GARTEN PUB

Via Erice, 141

91019 Valderice

(+39) 0923 892377 - (+39) 328 6822150 - (+39) 339 3027345 - (+39) 347 7882095



CANTINA SICILIANA

Giudecca, 36

91100 Trapani

(+39) 0923 28673



RISTORANTE LA PINETA

Viale N. Nasi

91016 Erice

(+39) 0923 869783 - (+39) 0923 869786

http://www.lapinetaerice.it



AL PONTE

Via forese

91100 Trapani

(+39) 0923 531053



RISTORANTE EGADI

Via Cristoforo Colombo, 17/19

91023 Favignana

(+39) 0923 921232



FLOWER RISTORANTINO

Lungomare Dante Alighieri,30

91100 Trapani

(+39) 0923 29888



RIST. P. & G.

Via Spalti, 1

0923 547701



RISTORANTE AI LUMI - Tavernetta

Corso Vittorio Emanuele, 75

Trapani

0923 872418



RISTORANTE CINESE PECHINO

Via Ammiraglio Staiti, 19

Trapani

0923 28213



ZU MOMMU RISTORANTE PIZZERIA

Via Fontanasalsa, 17

Trapani

0923 864699



BAGLIO CURTOSA RISTORANTE

CUSTONACI - KM 17, 200, S. S. 187 - CTR. LENTINA

0-1013677118



URANIA SOC.COOP. ARL PETROSINO -

CONTRADA BISCIONE 0923731444



RISTORANTE SAN GIUSEPPE

GIBELLINA - 54, VIA ALFREDO CESAREO



PACECO -

PIZZERIA TRATTORIA LA TORRE PACECO -

189, VIA GIUSEPPE GARIBALDI











DISCO PUB



ECLISSE SRL

lgmare Boeo

91025 Marsala

(+39) 0923 952863





SALE DA BOWLING

First Bowling

MAZARA DEL VALLO (TP) - 91026

VIA FAVARA SCURTO 3a

0923 906260



Bowling Shining

MAZARA DEL VALLO (TP) - 91026

VIA LUNGOMARE S. VITO 39

0923 907908



Palabowling Trapani

TRAPANI (TP) - 91100

0923 556175







EVENTI

Eventi a Castelvetrano

Festa del Sacro Cuore di Maria

L’ultima domenica di agosto, la Vergine viene portata in processione sul mare con un corteo di barche illuminate. A terra si svolge la Sagra del pesce azzurro, con giochi popolari a tema





Tipo di Evento: Sagra Paesana

Provincia: Trapani

Comune e Cap: Amelia (TP)

Periodo: 18/26 Agosto 2007

WEB: www.comune.amelia.tr.it

Descrizione: Dal 18 al 26 Agosto 2007 Amelia(TR) ospita presso la Parrocchia Santa Maria dei Monticelli la tradizionale Sagra della Cresciola. Musica e divertimento sono il contorno di una eccezionale Taverna con piatti tipici. Domenica 26 Agosto gran finale con la distribuzione gratuita di Cresciole (pizzole fritte con zucchero) e spettacolari Fuochi d'Artificio.E'una gustosa sagra paesana dove la cucina evidenzia il gusto per la tradizione e per le "cose genuine". Info www.comune.amelia.tr.it - I.A.T. dell'Amerino tel.:0744.981453 info@iat.amelia.tr.it - www.umbria2000.it





21 Agosto - Poggioreale Sicilia - Estate Poggiorealese



metà Agosto - Buseto Palizzolo - Sagra Pasta cu l'Agghia e Sasizza Arrustuta



fine Agosto - Marinella del Vallo - Padellata di Pesce



Agosto - Alcamo - Alcamo Doc Estate


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